recensioni

AA.VV.

Oxygenate Production Compilation
Con lo slogan: “Nuovo ossigeno per le tue orecchie”, la Oxygenate Production arriva alla sua prima raccolta. Solitamente la raccolta è il primo disco in catalogo, una specie di carta d’identità di una casa discografica, o la scelta più economica per lasciare un testimonianza, per esempio, di un concerto con più gruppi. Quando invece è il quarto titolo in catalogo, la scelta penso sia dettata da esigenze diverse. Credo si voglia mettere un punto fermo ad una attività discografica. Dimostrare al mondo il lavoro svolto fino a quel momento. Ecco quindi questa raccolta con quattro band che rispondono ai nomi di Why Not Loser, Odatto Chernobil, Dozeneyes e Slain Sun. I primi sono una “vecchia” conoscenza di Musicplus, abbiamo recensito qualche numero fa il loro album ed il loro emo-core di stampo californiano è una boccata d’ossigeno che riesce sempre a farci saltellare come invasati, i secondi invece sono recensiti in questo stesso numero e per gli amanti del metal/crossover/punk possono essere una piacevole sorpresa. I terzi sono di Treviso e debutteranno in aprile con il primo album. Punk rock in italiano ben eseguito e fresco come un ghiacciolo alla menta. “Real” e “Città Vuote” sono proprio due bei pezzi. I Slainsun invece arrivano da Gorizia ed usciranno con il primo album in giugno. La loro musica è riconducibile alla new wave anni ottanta, con voci filtrate ed un look che richiama i primi Ultravox. Bravi ma forse mancano un po' di mordente. Insomma una raccolta che testimonia il lavoro della Oxygenate Production, che in questo momento storico, la musica si fatica a vendere, si sbatte e si impegna perché le cose possano cambiare. Da sostenere.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Kheyre

Pecore nere
Lasciamo da parte il fatto che Kheyre è nella band di Cisco (ex MCR), evitiamo di dire che ha vinto svariati concorsi (uno su tutti “Demo” di Radio Rai Uno) e che faceva parte dei Musicanti di Brema, perché oggi Kheyre è qui con la sua ultima fatica discografica ed un percorso sonoro che prende sottobraccio il suo passato artistico per centrifugarlo e proporci una crema ricca di sapori. Sgombriamo subito il campo da parole dette e non pronunciate, da pareri sussurrati, da mezze ammissioni, perché “Pecore Nere” è proprio un bel album, in tutte le sue sfumature (e sono tante), in tutti i suoi pezzi (e sono dodici), in tutti i generi che cavalca (e vanno dal rock al funky, passando per la musica d’autore ed il rock’n’roll). “Pecore Nere” è un frullato che mette a rischio l’incolumità dell’ascoltatore, provate ad ascoltare “Maledetti” (che apre il cd) e proseguite con “La Macchina Sotterranea”, fino a “Mamma E’ Un Brutto Mondo” e poi ditemi se non siete rimasti storditi dalle cento, anzi mille, e perché no, migliaia di input sensoriali che sono rimbalzati nei vostri padiglioni auricolari. Kheyre sembra proprio a suo agio in questo vortice di suoni e sprona tutti gli animali in copertina (mai grafica è stata più azzeccata di questa) a fare tabula rasa di tutto quello che incontrano davanti a loro. Una mandria impazzita pronta al sacrificio pur di occupare i territori liberi della musica moderna. Kheyre dal suo canto riesce a domare, a suo piacimento, la lingua italiana (cosa non facile) in liriche precise, attente e circostanziate. Se dovessi giocare i miei risparmi su un brano punterei su “La Soffitta” (mi ha ricordato i grandissimi FFF) o “Cane Randagio” (dove Kheyre osa nel cantato, inserendolo in un brano “classico”). Kheyre è un grande. Poche p…e.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Gli avvoltoi

L'altro dio
Gli Avvoltoi son tornati, anzi a dire non erano mai andati via. Son tornati con una schiera di amici da far impallidire tutti i dischi usciti fino ad oggi di supergruppi, concept album e ospitate varie. In ordine di apparizione in “L’Altro Dio” compaiono: Cisco (ex MCR), i Velvet, i Modena City Ramblers, Diego D’Agata (Splatterpink), Emidio Clementi (Massimo Volume), Paolo Apollo Negri (Link Quartet), Marco Magnani (Instant Flight), Daniele Dall’Omo (Paolo Conte), Michele Landi (I Barbieri), Ninfa (ex Sciacalli), Sandro Piu (Rude Pravo), Giovanni Cacioppo, Gene Guglielmi, Umberto Palazzo (Santo Niente), Gianluca Morozzi e Ladra di caramelle. Insomma tanti ospiti, ognuno dei quali riesce a dare quel qualcosa in più alle canzoni di questo cd, che festeggia in maniera assoluta i 25 anni di attività del gruppo bolognese. La produzione affidata a Frank Nemola (Band Aid, Banda Magnetica, Vasco Rossi) riesce a rendere molto più fluibile, rispetto alle vecchie produzioni, i brani de Gli Avvoltoi, confezionando un album che potrebbe ben figurare tra i dischi di pop italiano presenti oggi in classifica, pur rispecchiando l’indole beat della band. Tra classici come “Un Uomo Rispettabile”, “Lucifer Sam”, “Guardami, Aiutami, Toccami, Guariscimi” e nuovi classici come “Questa Notte”, “Gli Avvoltoi Sono Qua”, “Puoi Girare Il Mondo Con Chi Vuoi” e “Sogna La Mia Musica”, questo album è il lavoro più completo che Gli Avvoltoi abbiano mai pubblicato. Tanto di cappello. Unico appunto sui due siparietti, che spezzano un po’ troppo la verve del disco.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Confusional quartet

Made In Italy 1978-1982
I Confusional Quartet erano il gruppo più distante dagli stilemi rock che Bologna partorì alla fine degli anni settanta. Nella truppa c’erano Skiantos, Windopen, Gaznevada, Luti Chroma, Naptha, Bieki, Cheaters e i Confusional Quartet, distanti anni luce da tutti gli altri. I Confusional erano jazz rock, erano elettronici, erano l’avanguardia. Di loro sono rimaste alcune produzioni discografiche (un album, un singolo, un minilp, tre flexy disc), tutti racchiusi in questo cd pubblicato dall'Astroman. In una confezione super lusso, con tanto di spilletta, cartolina, edizione limitata e numerata (esistono tre versioni di copertina), i Confusional Quartet danno sfoggio della loro bravura ed ancora oggi nel 2009, a distanza di trent’anni, i loro brani suonano così attuali da far spavento. La leggenda narra che Mara Maionchi (X-Factor vi dice qualcosa), rimase colpita dalla loro versione di “Volare”, tanto da chiudere un accordo di distribuzione con la loro casa discografica, l’Italian Records. Di quel periodo forse rimane il rammarico che i Confusional Quartet non raccolsero quello che meritavano, forse troppo difficili da digerire in una scena dove il punk-rock era imperante, troppo intellettuali per chi cercava slogan da sbattere in faccia agli altri. Ma non tutto è perduto, “Made In Italy 1978-1982” può riportare in asse la storia della band. In chiusura una segnalazione. Tra i trenta brani in scaletta figura perfino un inedito ed i pezzi sparsi su musicassette e compilation dell’epoca. Ovviamente il cd si chiude con “Inno D’Italia”, in una versione da antologia. Ben tornati, anche se virtualmente.

Formato: cd + gadgets


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Bomb the bass

Back to light
Era il 1987 quando Bomb The Bass (Tim Simeon) arrivava a sfiorare la vetta della classifica inglese con il singolo di debutto intitolato “Beat Dis”. Da allora, più o meno in termini musicali, un miliardo di anni fa, Bomb The Bass è diventato un nome di culto tra gli amanti della musica elettronica, tra gli appassionati dei suoni dance raffinati, tra gli ascoltatori di sperimentazioni pop al servizio dei dancefloor. Un impegno che ha portato Tim a pubblicare un best album nel 1999, aprire una sua etichetta e tornare ad usare il suo pseudonimo nel 2008 con “Future Chaos”. Al suo ritorno nessuno aveva gridato al miracolo, anzi gli scettici erano in numero maggiore rispetto a chi si gongolava. Ora dopo appena due anni Bomb The Bass è pronto a mettere a tacere gli scettici. Complice una vacanza in Brasile, ha registrato insieme all’amico Gui Boratto (nome arcinoto a tutti i devoti della musica elettronica anni duemila), il nuovo album. Un album che si avvale di alcune ospiti come Paul Conboy, Kelley Polar, Richard Davis e Martin Gore (sì, proprio il Depeche Mode) e che non sarà un capolavoro ma un signor disco da mettere a ripetizione durante gli ascolti giornalieri. Dieci tracce di synth pop da godersi in maniera rilassata (“Milakia” è zucchero allo stato puro), o ascoltare quando fuori nevica (come in questo momento) perché la solarità che emana potrebbe riuscire a sciogliere tutto il nevischio e far arrivare prima del tempo la calda estate. “The Infinites”, il primo singolo estratto dall’album, è un esempio di cosa significhi techno nel nuovo decennio, del nuovo millennio. Per chi ama Faithless, o i Royksopp, ma anche i Chemical Brothers e i Goldfrapp. Un disco d’atmosfera. E per un album di “dance” non è cosa da poco.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Not me

Serving Bangs On Trees
Ritrovo sulla mia strada la Minus Habens di Ivan Iusco, etichetta da anni dedita alla musica elettronica nelle sue più svariate sfaccettature. Casa discografica diventata un nome di riferimento per tutti gli appassionati di electro sparsi per il mondo, ha infatti un catalogo ricchissimo di bei dischi. Mi accingo quindi ad ascoltare questo debutto dei Not Me, progetto parallelo di Maurizio Iorio, meglio conosciuto col nome d’arte di Distorsonic. Cerco notizie sul web e non trovo troppe informazioni biografiche. Leggo che il progetto Not Me è nato nel 1995 dall’incontro tra Iorio e Andrea Lai, che pur non avendo mai lavorato insieme, scrivono quasi di getto i pezzi dell’album. Poi il progetto entra in letargo e di tanto in tanto risvegliato con l’aggiunta di voci come quella di Boosta (Subsonica), Vera Gemma e Elisa Zoot Giacomini (quest’ultima scoperta su Myspace). Poi il tutto prende una accelerata ed i Not Me finiscono il debutto sulla lunga distanza e lo consegnano nelle mani della Minus Habens. E’ così che si materializza un disco di elettronica nato tanti anni fa. Consapevole che la musica elettronica invecchia in malo modo, ci sono alcuni dischi che usciti appena pochi anni orsono, sembrano dei dinosauri maleodoranti, mi appresto ad ascoltare “Servings Bangs On Trees”, disco nato nelle menti di due musicisti oltre dieci anni orsono. La sorpresa è assoluta, suoni “moderni” fanno da impalcatura alle varie voci che si rincorrono nel disco, mentre gli strumentali potrebbero figurare in qualsiasi produzione internazionale di alto livello. I Not Me sono una piacevolissima sorpresa. Seguaci del silicio fatevi avanti. Qui c’è pane per i vostri chip.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

M'ors

Anima nera
Marco Orsini è M’ors, cantautore romano che arriva al debutto con un cd singolo contenente quattro tracce. La sua avventura musicale nasce sedendo dietro pelli e tamburi, per poi dedicarsi in parte, dal momento che in questi pezzi suona anche la chitarra acustica, il theremin e la batteria, alla voce. M’ors è da annoverare in quella rinascita cantautorale italiana che ha dato alle stampe dischi importanti di gente come Dente, Dino Fumaretto, Alessandro Grazian, Rella, solo per citarne alcuni. Una rinascita che sembra la risposta nazionale al dilagante disinteresse nei confronti della musica. Una rivincita della canzone che ritorna ad essere il perno centrale dell’ascolto, canzone che nella lirica pretende attenzione e non solo un superficiale cenno con la testa. M’ors è un giovane cantautore che sembra cresciuto a pane ed indie rock, in “Sbirri” mi ha ricordato il Moltheni più ispirato, mentre con “Musa” tocca il vertice del suo debutto, ascoltatela ad occhi chiusi e sappiatemi dire. Non sono da tralasciare anche il pezzo che da il titolo al singolo “Anima Nera” e “Fegato Elettrico”, forse il momento più debole del debutto. M’ors gioca nel segno della semplicità espressiva e della profondità, il che potrebbe sembrare un controsenso ed invece è la forza del suo essere artista. Non me ne voglia M’ors se dico che il suo immaginario mi ricorda maggiormente l’Emilia con la sua nebbia, piuttosto che la sua solare Roma. Non me ne voglia perché a volte nell’umidità pungente si possono scrivere anche delle belle canzoni.

Formato: cds


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Anane'

Ananesworld
Ananè è originaria di Santiago, capitale di Capo Verde e fin da bambina ha vissuto dentro un mondo fatto di musica. I suoi zii, solo per citare un esempio, fabbricavano molti degli strumenti che gli artisti capoverdiani usavano per i loro hit. Trasferitasi a New York ha incontrato il produttore Louie Vega che rimase colpito dalla sua bravura e la vollè con sé nel disco e nel gruppo “Elements Of Life”, decidendo successivamente di portarla in tour in giro per il mondo e la sposò. Tra le apparizioni della cantante bisogna citare l’apertura del Superbowl del 2007, quando interpretò il brano “One Dream”, davanti ad una platea televisiva di più di 140 milioni di spettatori. Oggi dopo diversi dischi a suo nome, una carriera da dj ricca di soddisfazioni, è stata invitata nei club più esclusivi del mondo, Ananè pubblica, attraverso la Nervous Inc., un album che racchiude vecchi e nuovi hit. Nella tracklist possiamo infatti imbatterci in “Walking On Thin Ice” di Yoko Ono, o nella cover di un classico anni ’70 come “Let Me Love You”, o nel pezzo eseguito al Superbowl. E comparsate “strane” come quella di Roberto Cavalli (sì, proprio lo stilista) che partecipa con enfasi a “Love To Love You Baby”, cover di un classico “disco”, oppure il featuring di Vega in “Shake It”. Altre notizie legate ad Ananè sono quelle che la vogliono proprietaria di una etichetta discografica di afro-tech e lavorare con il progetto Nextaid, una organizzazione che aiuta i bambini africani che hanno perso i genitori per colpa dell’AIDS. Tornando a “Ananèworld” lo consiglio a tutti gli amanti della dance, della disco, del pop ed anche della world music. Se poi vi capiterà di poterla vedere all’opera come dj, non perdete l’occasione, dicono che sia una esperienza irripetibile.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Miss xox

Pensiero nervoso
Una volta era il Great Complotto. Un manipolo di giovani che per un soffio non riuscì a cambiare le regole del gioco e per gioco pensate a quello che volete. Lo Stato di Naon era Pordenone, una città piena di caserme, di basi N.A.T.O. (metti che qualcuno voglia invaderci dall’est), di prodotto interno lordo alle stelle e di tanti musicisti che da un giorno all’altro diventarono un caso nazionale. Sono passati tanti anni da allora, i giovani sono cresciuti e alcuni di loro (“i capi”) sono ancora qui a suonare con la stessa foga di un tempo. Miss Xox era uno dei “capi” ed un paio di stagioni addietro è uscito con un album a suo nome. Il fatto che lo abbiamo “scoperto” solo oggi non ci impedisce di parlarne. Ecco quindi Miss Xox alle prese con un rock tagliente, figlio delle vecchie stagioni punk, che in apertura mette subito un brano come “Pensiero Nervoso”, un parallelo tra l’irruzione della polizia a Radio Alice ed i fatti di Genova, per proseguire con un altro pezzo irrequieto intitolato “Non Lo Dimentico Più”. A questo punto in scaletta arriva la cover in italiano di “Love Will Tear Us Apart” dei Joy Division, che diventa “L’Amore Ti Fregherà Di Nuovo” ed il mio cuore si spezza. Nel prosieguo un lento (“Hey Babe!”), perché anche gli arrabbiati hanno un’anima. Purtroppo lo spazio stringe e posso solo dire che “Magari Ti Sembra” merita più ascolti, come “Sasso In Tasca”. Se poi lascerete “andare” il cd, la musica non finirà, come non è finita l’avventura di un manipolo di giovani Naoniani che, incontrando sulla loro strada il punk rock, hanno cambiato la loro vita. Per sempre.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Dino Fumaretto

La Vita E' Breve E Spesso Rimane Sotto
Lo sappiamo tutti, leggere le recensioni a volte è una gran noia. Tanto è sempre così, il recensore di turno racconterà varie cazzate, prima di arrivare alla fine ed in due righe, forse anche una, dire se il disco merita di essere ascoltato (l’acquisto oggi non è contemplato). Bene, per sovvertire questo stato di cose, la chiusura di questa recensione arriva: adesso. Il primo disco ufficiale di Dino Fumaretto è una di quelle opere che entreranno nella storia della musica italiana ed un domani sarà presa come esempio da giovani cantautori in erba alla disperata ricerca d’ispirazione. Perfetto, detto questo, possiamo ritornare alla canonica recensione che deve raccontare di Dino Fumaretto, nome d’arte di Elia Billoni, giovane cantautore mantovano, con in carniere un paio di produzioni discografiche autoprodotte, che finalmente, attraverso la Trovarobato, potrà godere di quella visibilità che merita. Assistere ad un suo concerto/performance è una esperienza che vi consiglio caldamente. Elia, unico e solo interprete di Dino Fumaretto sulla faccia della Terra, riesce con “solo” voce e piano a sbatterci in faccia le assurdità della vita, le ansie del quotidiano, le paure dei comuni mortali. In “La Vita E’ Breve E Spesso Rimane Sotto”, alcune hit del pensiero fumarettiano fanno bella mostra di sé (“Venite Assassini”, “Fuck The World”, “Iiih!”, “Ti Ricordi Il Mio Dolore?”), insieme ad altri pezzi che ben presto saranno richiesti a gran voce durante i live come “Vita In Ufficio”, “Nella Casa”, “Altri Sogni Neri”. Se siete tra quelli che si annoiano a leggere le recensioni e vi concentrate solo sulle ultime due righe per sapere se questo è un bel album, il finale è all’inizio.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Odatto chernobil

Sanno chi sei
Gli Odatto Chernobil sono un terzetto, diventato quartetto, di Parma, nato nel 2004 con all’attivo un paio di autoproduzioni (“Quelli Come Noi” e “Ovunque Tu Voglia Andare”) che hanno permesso al gruppo di aprire diversi concerti di Banda Bassotti, Los Fastidios, Klasse Kriminale, Derozer, Punkreas, Shandon ed altri. Ora grazie alla Oxigenate Production arrivano al debutto sulla lunga distanza contenente undici tracce di puro grind-core mescolato con l’emo-core e crossover. I testi in italiano raccontano di abbandoni, società allo sbando, problemi di vita con una carica tipica del genere, anzi di questa mescolanza di generi. Non manca neppure un momento di calma (apparente) con una ballad intitolata “Ogni Giorno Di Più”, che mostra un volto diverso degli Odatto Chernobil. La forza della band è infatti da ricercare nel riuscire ad amalgamare nella stessa canzone stilemi molto distanti tra loro, fermo restando che le linee melodiche, tanto care a noi italioti, ma anche ai punk californiani, sono le trame su cui i nostri imbastiscono potenza e violenza sonora. Unico appunto sulla voce grind-core che a volte sembra un po’ troppo eccessiva in un contesto che già di per sé funziona alla meraviglia. Un plauso agli Odatto Chernobil per l’originalità della proposta, che dal vivo sarà sicuramente una macchina schiacciasassi. Consigliati sia agli amanti del metal sia agli amanti del punk-core e perché no anche ai fan di gruppi pop come i Finley.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Micol Martinez

Copenhagen
Per raccontare Micol Martinez forse non basterebbe un intero numero di Musicplus, tante sono le attività che coinvolgono questa artista milanese. Infatti Micol è pittrice, attrice e cantautrice. Come attrice ha partecipato ai videoclip di Negrita, La Crus, Solidamor e Fabrizio Coppola, mentre nel 2007 è stata la protagonista di “Tagliare le parti in grigio” di Vittorio Rifranti. Nelle veste di cantante e musicista ha aperto i concerti di Max Gazzè e Cristina Donà, collaborando in studio con Cesare Basile e Dave Muldoon e la si è vista anche al fianco di Garbo in concerto ed apparizioni televisive. In tutto questo pour pourri di attività Micol si è ritagliata un suo spazio per scrivere e registrare il suo debutto discografico, “Copenhagen”. Il cd, con i suoi nove brani, per 29 minuti di durata (lunghezza perfetta che predispone ad un riascolto, dopo riascolto), racchiude il mondo “fatato” di Micol. Un mondo dalle movenze vellutate con la voce di Micol che ti sussurra nell’orecchio le sue storie, che potrebbero essere benissimo anche le nostre storie. Prodotto da Cesare Basile, “Copenhagen” mette in piazza un’artista completa e priva di fronzoli. Micol mi ha ricordato un’altra cantante italiana, Carmen Consoli, non certamente nelle sonorità o nel modo di cantare, ma piuttosto nell’attitudine. Tra i brani più struggenti “Copenhagen”, “Mercanti Di Parole”, “Il Cielo” e “Donna Di Fiori”. Tra rock e folk, tra amore e “odio”, tra sussurri e “urla”. Micol Martinez a questo punto deve solo decidere se fare la pittrice, l’attrice o la cantautrice. No, forse non deve prendere nessuna decisione, ma continuare semplicemente così.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Year long disaster

Black Magic: All Mysteries Revealed
Riempite i polmoni d’aria e urlate con tutto il fiato che avete la parola ROCK. Non si tratta di una cura di qualche guru new age, ma semplicemente quello che viene fuori dal secondo album dei Year Long Disaster, una galoppata ROCK senza mezze misure. Qui ci sono tutti i dettami del genere: cantato sopra le righe, chitarre infuocate, batteria che picchia duro insieme ad un basso granitico. Se poi aggiungiamo che la band è di base a Los Angeles, patria del ROCK, che il cantante è il figlio di Dave Davies dei Kinks, che echi di Led Zeppelin, Black Sabbath, Deep Purple e ZZ Top si mescolano ad ombre cinesi di Jane’s Addiction o Pearl Jam, il gioco è fatto. Qui non si scherza, o forse sì, devo ancora capire se il ROCK è da prendere sul serio o no, qui tutto sembra funzionare alla perfezione millimetrica delle produzioni altisonanti del ROCK internazionale. Qui c’è pure un pizzico di psichedelica che non guasta affatto, qui ci sono gli anni ’70 nel suo splendore. Ovvio che gli Year Long Disaster non inventano nulla di nuovo, ma il ROCK, quello sanguigno, non ha bisogno di invenzioni che ne snaturino l’essenza. Qui occorrono un paio di casse acustiche potenti, un amplificatore “a manetta” e tanta voglia di ROCK. Gli Year Long Disaster sono dei casinari, il ROCK è casino. Album energico, veramente energico. Il gruppo nella sua attività live ha aperto ai Cult, Motorhead, Velvet Revolver, Foo Fighters, insomma il ROCK che conta. Anni fa Bono disse che con la parola POP ci si poteva giocare, perché riempiva la bocca. Qui con la parola ROCK si suda e la si può urlare a squarciagola. ROOOOOOOOOOOOCK.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

The record's

De fauna et flora
I Record’s (nulla a che fare con il quasi omonimo gruppo inglese) sono un trio di Brescia dedito ad un pop infarcito di mille sonorità e mille strumenti. Nati nel 2002, nei primi anni di vita pubblicano alcune autoproduzioni, per poi nel 2007 ufficializzare la loro esistenza con “Joyful Celebration”, da cui viene estratto un singolo trasmesso da quasi tutti i network radiofonici italiani. Il primo album è invece datato 2008 e si intitola “Money’s On Fire”, un loro pezzo diventa la colonna sonora di uno spot de La Gazzetta dello Sport (“Girl Of My Wet Dream”) ed infine nel 2009 firmano un contratto discografico con la Foolica Records. Detto tutto così in poche righe sembra naturale e scontato, ma nulla di scontato succede dalle parti dei Record’s, per capirlo basta prestare un ascolto a “De Fauna Et Flora”, secondo album pubblicato nelle settimane scorse che mette in fila tutte le armi dei Record’s. Ovvero pop, melodia, bizzarria, archi, tastiere, fiati, cori e fluidità nel canto come pochi sanno fare. Il risultato finale è un caleidoscopio di canzoni, tutte indistintamente, dal piglio sbarazzino, tredici tele dai colori pastello, che ci si potrebbe perdere dentro, sguazzando nelle tinte. Se amate il pop inglese, quello di XTC, Housemartins, Oasis, Blur, i The Record’s sono il vostro gruppo. Se amate le melodie dei Vampire Weekend i The Record’s sono la vostra band. Se amavate i The Records (quelli inglesi), i The Record’s sono decisamente diversi. Non sbagliatevi, potreste rimanere delusi. Album da esportazione. Sarebbe solo da provarci. Dai provateci.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Hadouken!

For the masses
Gli Hadouken sono un quintetto di Leeds (Inghilterra) subito inserito in madrepatria nella corrente grindie, un mix tra grime e indie. Il grindie si può definire come un suono che pur utilizzando gli strumenti del rock (basso, chitarra, batteria), “ruba” dal rap il suo cantato e dalla techno i suoni sintetici ed i battiti sempre e comunque sopra i 140bpm. Una sorta di squadrone della morte che abbatte qualsiasi cosa gli si pari davanti. Gli Hadouken, balzati agli onori della cronaca con il primo album (“Music For An Accelerated Culture”), NME gridò al miracolo indicandoli come la band più interessante del panorama grindie, sono oggi pronti a rinverdire i fasti con un secondo album che non si sposta di una virgola dal suo predecessore. D’altro canto formula vincente non si cambia, a tal proposito ne sanno qualcosa tantissimi artisti anche molto blasonati sparsi per il mondo. Quindi se avete ballato con il primo album, non potrete di certo rimanere immobili con “For The Masses”, perché la furia del grindie vi colpirà senza risparmiare colpi su colpi. I richiami alla violenza dei Prodigy è dietro l’angolo, ma gli Hadouken hanno dalla loro parte una giovinezza che i Prodigy hanno perso da tempo (motivi puramente anagrafici), insieme ad una spinta in più che li porta un passo avanti. Noi stiamo ancora subendo quel riff assassino, che loro martellano già con un effetto elettronico che ci perfora l’orecchio. Posizionate le casse del vostro impianto sul davanzale di casa e mettete a tutto volume “For The Masses”, potreste radunare una rave party sotto casa vostra in un batter baleno. Con buona pace di tutto il vicinato.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Carryall

EmotivHate
Il mondo è bello perché vario. O strano. Strano perché ci sono cose che non si spiegano. Infatti vorrei capire perché i Carryall band italiana (il Friuli Venezia Giulia è ancora in Italia), pubblicano il loro disco d’esordio prima in Germania Svizzera e Austria e poi in Italia, perché firmano un contrattino con la Warner Cinema per l’utilizzo di alcuni loro brani nei telefilm “O.C.”, “Veronica Mars” e “Smalville”, solo per citarne tre che conoscerete, ed il loro disco non è in classifica nel Belpaese. Perché? Se qualcuno me lo può spiegare sarei veramente felice di capire, comprendere come possano succedere certe cose. Se poi aggiungiamo che “EmotivHate” è stato anche stampato in Giappone il cerchio si chiude ed io perdo il lume della ragione. Insomma questi sette amici fanno del punk rock melodico come pochi altri, scorazzano in lungo e largo per l’Europa ed io non trovo il loro nome nella classifica nostrana. Why? Forse perché le masse devono ancora accorgersi di loro? Forse perché dovete sapere che in questi dodici brani c’è anche una cover di “What A Feeling” (il film “Flashdance” vi dice qualcosa?), o che i Carryall poco tempo fa si erano perfino cimentati in “With Or Without You” degli U2. Il mondo è bello perché vario, non ci sono dubbi, ci mancherebbe. Ma allora facciamo in modo che le cose belle abbiano il giusto riconoscimento anche da noi, poveri consumatori di musica da terzo mondo. Punk-rock ska di ottima fattura. Accomodarsi alla cassa a pagare la copia del cd. Grazie.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Laura Mars

Nel mio scrigno
Ci eravamo occupati di Laura Mars nel 2006, quando la cantante emiliana debuttò con la neonata Nest Records, grazie ad un album, “Nido Dove Riposano Parole”, che giunse a compimento di una carriera molto fitta per Laura, piena di collaborazioni importanti ed ospitate in tanti dischi altrui. Una carriera che con il debutto sulla unga distanza dava la giusta misura ad una voce ricca di pathos. Da quel disco Laura non si è fermata, anzi, ha dato vita ad altre collaborazioni ed altri progetti, come i Tabata Project, dei quali uscirà a breve un cd album. Però forse non pienamente appagata da tutte queste molteplici attività, Laura ha deciso di tornare alla ribalta con un singolo a suo nome, “Nel Mio Scrigno”, che oltre al brano che da il titolo al cd, contiene altri due inediti. Prodotto da Luca Alfonso Rossi e Simone Filippi (chi ha ascoltato gli Ustmamò saprà chi sono entrambi), il singolo ci riporta una voce che si cimenta in tre canzoni d’atmosfera, canzoni dal piglio delicato, come delicata è la figura di Laura Mars. “Promesse” è un pezzo scritto dopo un viaggio in Brasile, Paese che Laura ama in particolar modo, “Mio Caro Diario” è un dialogo al proprio diario, che con pazienza permetta a Laura di confidare le sue certezze o i suoi dubbi, infine “Nel Mio Scrigno” è una richiesta nei confronti della poesia perché non abbandoni mai la vita di Laura e riesca ancora ad emozionarla giorno dopo giorno. Laura Mars è tornata a quattro anni dal suo primo album. Una sola domanda mi frulla in testa. Perché il brano principe del singolo è stato messo in chiusura? Perché?

Formato: cd singolo


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Ray

Someone's Speaking
L’inverno non decide di lasciarci in pace. Il colpo di coda è una nevicata apocalittica che si abbatte su mezza Italia, in marzo, adesso, in questo preciso momento siamo a 40 centimetri. Guardo dalla finestra la bufera, volto lo sguardo su una pila di cd. Il primo è quello dei Ray, si intitola “Someone’s Speaking”. Lo metto nel lettore ed intanto trovo il loro myspace. La città è Londra, i nomi italianissimi, le notizie sulla bacheca dicono che cercano delle vocalist per i concerti, Time Out segnala un loro live. Intanto il cd ha iniziato a girare impazzito, mentre la “puntina” laser legge e tramuta il tutto in suoni e parole. Mi soffermo sui nomi legati al progetto: Barbara Cavaleri, Ugo De Crescenzo, Marcello Testa. Mi ricordano altri progetti ed altri nomi, uno su tutti Pilot Jazou. Progetti artistici in qualche modo vicini alle sonorità che sto ascoltando. La musica è riconducibile al Nu-Sound, genere nel quale brani eleganti, sono curati in ogni più piccolo particolare con l’intenzione di dare un raffinato senso ad ogni singola nota. La voce di Barbara, che adesso vive a Londra, saltella sulle note con fare sinuoso ed è in compagnia, in un paio di brani, con quella di Georgeanne Kalweit, altra “vecchia” conoscenza intorno ai Delta V e più recentemente vista ed ascoltata con Garbo. Rimango colpito dai titoli: “I”, “Dave”, “Sara”, “Jason”, “Judy”, “Sky”, “Lucy”, “You” e “Ray”. Minimalismo allo stato puro. In copertina una barchetta di carta che non teme in alcun modo le onde del disco, perché qui si viaggia in un mare tranquillo, fatto di pace e dolcezza. Nu-Sound dall’Italia a Londra e ritorno. Intanto fuori continua a nevicare.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Fun lovin' criminals

Classic fantastic
1996: sono dentro ad un negozio di dischi, mentre guardo file interminabili di cd sento una canzone, chiedo chi sono, il commesso mi dice che il disco è arrivato da un paio d’ore, e non mi dà troppi dettagli. Lo compro. In copertina tre loschi figuri che si fanno chiamare Fun Lovin’ Criminals. L’album è una bomba, lo consumo ascolto dopo ascolto. Passano due settimane ed i Fun Lovin’ Criminals sono in concerto a Bologna. Mi trovo in un teatro tenda insieme a 30/40 spettatori, i tre non si risparmiano affatto, sarà uno dei live più belli che abbia mai visto. Comincio a seguire le gesta della band, tra dischi riusciti o meno, tra scazzi e litigi, poi nel 2003 entrano in disaccordo con il manager ed inizia una diatriba legale che dura fino al 2009 e che in sostanza blocca il gruppo. Oggi chiuso il contenzioso legale, i Fun Lovin’ Criminals tornano con “Classic Fantastic” e se cinque anni d’assenza avrebbero ucciso anche un cavallo in perfetta forma, sembra che invece per i tre newyorchesi il tempo si sia cristallizzato, anzi riportano l’orologio indietro al ‘96, quando sbalordirono il mondo con “Come Find Yourself”. Tutto suona alla perfezione, la voce di Huey è sempre lì a raccontare storie di rapine, anche se il suo immaginario si è spostato dalla Grande Mela a Londra, dove nel frattempo è diventato un conduttore televisivo e radiofonico molto apprezzato, il basso e la tromba di Fast puntualizzano i momenti topici dei brani, mentre la batteria di Frank (Leicester, Inghilterra) sostiene il tutto con un tocco da consumato musicista. I Fun Lovin’ Criminals saranno in tour in questi mesi. Andrò a vederli. Sì, andrò proprio a vederli.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

J.T.R.Sickert

You deserve panic
Partiamo dal nome di questa metal band modenese. J.T.R. Sickert è l’acronimo di Jack The Ripper (Jack lo squartatore), mentre Sickert è il cognome del pittore inglese dell’800. L’idea di unire queste due figure è nato dal libro di Patricia Cornwell, nel quale l’autrice cerca di dimostrare che Jack era proprio il pittore. Sgombrato il campo da altri pensieri, possiamo dire che il gruppo è nato nel 2005 dall’incontro di alcuni musicisti con passate esperienze alle spalle, Rez già nei Despise e Hateblasted, Tizio già nei Neronova, Pohra già nei Red Pill, che uniscono le forze insieme ad Erika e Claudio per realizzare un progetto che amalgami la forza del metal con la violenza dell’elettronica. Concerti sparsi per l’Europa e l’Italia, il metal rimane un genere che gode sempre di un’attenzione particolare (chi non è stato metallaro almeno per un giorno alzi la mano), hanno portato alla registrazione di un primo demo ed ora del debutto ufficiale della band. “You Deserve Panic” suona compatto come un cubetto di porfido, i paragoni con un’altra band italiana, come i Lacuna Coil, sono quasi d’obbligo, la voce di Erika ce li ricorda, ma è naturale che sia così, come in alcuni momenti Tiziano sembra assumere le sembianze di Trent Reznor (N.I.N.), o la band, con le dovute distanze, le fattezze degli Iron Maiden (l’intro di “Fire Walk With Me”). Citare queste coordinate non significa sminuire il lavoro dei J.T.R. Sickert, anzi, dimostra che la band ha lavorato sodo per arrivare ad un risultato decisamente degno di attenzione. Se poi siete coinvolti dai nomi citati in questa recensione, se amate il metal mischiato con l’elettronica, se vi piacciono le voci femminili, se indossate le magliette dei Metallica, se siete lungo criniti, se……….

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Matthew Hawtin

Once again, again
Matthew Hawtin è un nome molto conosciuto dai frequentatori dei party techno della Detroit anni ’90 ed anche dagli amanti dell’arte moderna. Musicista e pittore, Matthew è originario dell’Inghilterra, anche se da bambino è emigrato in Canada, ha vissuto negli Stati Uniti, è tornato a Londra ed oggi, si dice, vive a Berlino. Insomma un apolide che ha fatto del mondo la sua casa. Matthew ama la musica elettronica, un amore viscerale, quasi morboso. La sua ultima fatica discografica, “Once Again, Again”, è in pratica una raccolta di pezzi scritti quasi tutti in un periodo che va dal ’93 al ’96, quando Matthew lavorava in serate ambient chill-out, e selezionava artisti come Sun Electric, Irresistible Force, Peter Namlook o MLO. Una lunga suite di 76 minuti completamente mixata che mette in fila 29 brani, la versione dell’album in formato online raggiunge la durata di 3 ore. “Once Again, Again” è un viaggio mistico nelle pieghe della musica elettronica, un viaggio da fare ad occhi chiusi, lasciando che sibili, soffi sintetici, aerei e voci lontane accarezzino la nostra pelle. Matthew riesce nell’impresa di assemblare un brano dopo l’altro come se si trattasse di un unico lunghissimo pezzo concepito come sonorizzazione di una mostra d’arte, di un film muto, di una sfilata di moda. L’ambient alla sua massima espressione, racchiuso in una copertina minimale che non concede troppo allo sfarzo dei nostri giorni. Matthew è davanti ai resti del Muro di Berlino alla ricerca di nuove vibrazioni da mettere in musica. Io per lo meno me lo immagino così.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Teatro degli orrori

A sangue freddo
Gli One Dimensional Man suonano a Spilamberto al Friction Festival. Il trio travolge tutto, i muri si piegano, gli strumenti prendono fuoco, la voce di Pierpaolo sputa rabbia come non vedevo da tempo immemore. Rimango prosciugato. Poco dopo quel concerto gli One Dimensional Man esauriscono la loro esistenza. Ma non tutto è perduto. Nasce Il Teatro Degli Orrori, Pierpaolo è sempre alla voce, la rabbia è ancora lì in bella mostra. Esce un primo album (“Dell’Impero Delle Tenebre”), seguito da un singolo in compagnia degli Zu, poi è la volta del secondo album, “A Sangue Freddo”. Il Teatro Degli Orrori suona a Bologna, il live è tiratissimo, scoppia un litigio con il pubblico, non lo vedevo da tempo immemore. Penso che finalmente sul palco c’è qualcuno di vero, che crede in quello che fa, tanto da discuterne con il proprio pubblico. Ritorno a casa e riascolto “A Sangue Freddo”. L’energia del disco mi stritola, le pareti della camera si piegano, Pierpaolo è un Gaber punk, un Jannacci noise rock. Il sibilo che apre il disco da fastidio, il disco intero da fastidio. Il Teatro Degli Orrori da fastidio. Quel fastidio che oggi nel nostro Paese è un sentimento alieno ai più, o ostentato da chi crede di essere meglio di altri. Il Teatro Degli Orrori è la risposta in musica ai benpensanti, è un cantautore sottoforma di gruppo, è un qualcosa che fa male. Potenza in un corpo consumato da medicine dai colori sgargianti. Rock noise senza scampo. “Padre Nostro”, “Mai Dire Mai”, “A Sangue Freddo”, “Due” e “La Vita E’ Breve” tra i brani che lasciano profondi solchi sulla pelle. Gli One Dimensional Man erano il passato, Il Teatro Degli Orrori il presente. In mezzo il niente.

Formato: cd/lp


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Ianva

Italia ultimo atto
Gli Ianva sono giunti al secondo album (il quarto disco in carniere), racchiuso in una confezione lussuosa come neanche le produzioni milionarie oggi pensano di fare, un album che è un concept, un racconto dell’Italia attraverso alcune delle sue pagini più tristi. Se il prologo, affidato alla voce recitante di Enrico Silvestrin, è sulle parole di Pier Paolo Pasolini, le tragedie nazionali prendono il via dall’8 settembre 1943, per poi proseguire con il bombardamento di Genova dell’anno prima, con l’esecuzione dell’attrice Luisa Ferida accusata di collaborazionismo con i fascisti, passando per il “Caso Montesi”, gli anni di piombo, l’assassinio di Pasolini, la strage alla stazione di Bologna ed i servi che sguazzano negli anni ‘80 e ’90, al servizio di poteri occulti che “governano” il Paese. Un ritratto dell’Italia non troppo edificante, se a rimetterci sono sempre i poveri, gli emarginati, gli umili, gli idealisti. Sessant’anni di lotte, stragi, omicidi, unite dal collante della pizza margherita, del mandolino e del bel canto. Gli Ianva lo raccontano con voci “rotte”, con musiche che attingono dal neo folk, dal dark, dalla musica d’autore, in un percorso dove ogni singola parola è misurata e ponderata. Un’opera che ha le sembianze di un piccolo monumento in musica. La parola “capolavoro” potrebbe calzare a pennello per “Italia: Ultimo Atto”, ma non la voglio usare solo per stimolare un ascolto in più, perché qui quello che conta è il progetto musicale che sta alla base degli Ianva. L’Italia in musica non è solo le polemiche del Festival, ma anche e soprattutto gruppi come questo. Da ascoltare. Magari con un po’ di attenzione. Sì, dai con un po’ di attenzione.

Formato: cd deluxe edition


(Pubblicato il: 28/11/2013)