recensioni

Skiantos

Inascoltable
“Gli Skiantos sono un gruppo under metropolitano, gente che non sapeva suonare, ribelli. Impegno politico arrabbiato, punto di forza degli Skiantos è l’ambiguità”, dalle note di copertina di “Inascoltable”. Iniziamo dalla fine. Il video live di “Bau Bau Baby”, che dura 8 minuti e 45 secondi, inserito nella sezione multimediale del cd, registrato a La Camera nel 1978, vale da solo il prezzo di questa edizione. Mi piacerebbe tantissimo sapere che fine hanno fatto gli “invasati” che ballano a dieci centimetri dagli Skiantos, magari sono diventati direttori di banca, o chirurghi, chissà?! Per il resto posso dirvi che ci troviamo davanti all’edizione in cd (mai avvenuta prima) del primo album degli Skiantos, quel “Inascoltable” che ha gettato i germi del rock demenziale, diventando una pietra di paragone per tanti gruppi dell’epoca e del passato prossimo. “Inascoltable” fu registrato in una notte e mixato la mattina seguente. Dodici tracce di puro nichilismo che ancora oggi dimostrano la grandezza di questa band mai arrivata alla fama che meritava. “1, 2, 6, 9” è il grido di battaglia di Freak Antoni e subito dopo si scatena l’apoteosi di frizzi, lazzi e corroborante nonsense. “Inascoltable” non è solo un volgere lo sguardo al passato con aria malinconica, è la voglia di dire a tutti quanti che si è “contro” ancora oggi nel 2008. Allegato al cd un libro con le testimonianze di chi partecipò a questo evento storico. Fate però attenzione, perché “Inascoltable” non si trova nei negozi di dischi, ma bensì in libreria. La prima tiratura si vocifera sia andata esaurita in poche settimane. Attendiamo con impazienza la ristampa di imminente pubblicazione. Un vuoto è stato colmato. Bene, adesso posso tornare a vedere “Il Grande Fratello”.

Formato: cd + libro


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Ben Kweller

Changing Horses
Ben Kweller è un californiano trapiantato nel Texas, che fin da piccolissimo è stato iniziato alla musica dal padre, di professione medico. A nove aveva già composto diverse canzoni e vinto un premio indetto dalla rivista Billboard. Nel ’93, insieme ad altri due ragazzotti, diede vita ai Radish. Un paio di album autoprodotti e poi la firma con la Mercury e la pubblicazione di “Restraining Bolt”, che diventò un piccolo hit in Inghilterra. Però mentre stavano mixando il quarto lp, l’acquisto della Polygram da parte della Universal, decretò la fine del contratto e la mancata pubblicazione del disco. Il gruppo implose. I Radish, per dovere di cronaca, erano un ensemble riconducibile al pop punk. Kweller per nulla scoraggiato si trasferì a New York dove registrò e pubblicò quattro EP. Uno di questi colpì Evan Dando (Lemonheads), che chiamò il ragazzo in tour con lui. Stessa cosa la fecero Jeff Tweedy e Juliana Hatfield. Nel 2002 il debutto sulla lunga distanza, “Sha Sha”, al quale hanno fatto seguito altri due album, “On My Way” e “Ben Kweller”. A febbraio di quest’anno il quarto disco di Ben è arrivato nei negozi. Un disco che vede, oltre alla voce di Kweller, anche l’estro di Kitt Kitterman al dobro e alla pedal steel guitar ed i fidati Chris Morrissey (basso) e Mark Stepro (batteria). Un disco di ballate tipicamente americane che farà la gioia dei fan del Springsteen più intimista, ma anche di tutti colori che cercano pace e tranquillità dall’ascolto di un disco. Un disco intenso, come solo certe sonorità riescono ad essere. Chissà se Ben ha messo nella braccia di suo figlio, Dorian Zev, la prima chitarra. Sarebbe una tradizione rispettata.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

AA.VV

Api musicali
Questo cd è il biglietto da visita della API (Associazione Produzioni Indipendenti/Insolite), nata dall’incontro tra alcuni operatori del settore discografico indie, con lo scopo di diffondere la musica d’autore italiana in ogni forma ed espressione soprattutto dal vivo. Gli artisti presenti nel compact disc sono “vecchie” conoscenze anche per i lettori di Musicplus, considerando che si tratta di Dario Antonetti, Banda Putiferio, Flavio Bonifacio, Dierrekappa, Stefano Giaccone e L’Insolito Clan. Forse alcuni di voi ricorderanno le gesta di Antonetti, il “matto” che ha deciso di pubblicare mille versioni di “Vegetable Man”, o il disco della Banda Putiferio, “Attenzione Uscita Operai”, dal quale sono tratti i due pezzi in scaletta in questa compilation, oppure avete già ascoltato i cd di Bonifacio qui con le sue “Gas” e “Puzzle”. Proseguendo i Dierrekappa arrivano da Milano e sono stati una piacevolissima sorpresa per il sottoscritto, una sorta di trip hop electro con voce femminile molto ben equilibrato, Stefano Giaccone, invece, faceva parte dei Franti (ricordate?) e qui ci propone due brani immensi. Chiudono L’Insolito Clan con il loro patchwork musicale (andate a fare un giro sul loro myspace e ne leggerete delle belle), entrambe le canzoni sono tratte da “50enne Bruno Povero Senza Fissa Dimora Cerca Donna Bella E Ricca Scopo Matrimonio”. Il cd costa 7 euro e se volete possedere una finestra sulla musica d’autore italiana deve essere vostro. Io ve l’ho detto. Ora fate voi.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

OBC Slim

Bordeline
Non lasciatevi ingannare dall’inizio di “Boh Boh”, primo brano del debutto sulla lunga distanza per gli OBC Slim, perché la musica latina non è proprio il genere di riferimento per questa band piemontese. Agli inizi dell’avventura la fusione di una crew hip hop e di un gruppo funky hanno fatto sì, che gli OBC Slim emergessero dal piattume che sovrasta il genere. La band è infatti composta da un MC, percussioni, basso, batteria, dj e chitarra, il tutto al servizio del funky. Tra i numi tutelari citano James Brown, Jovanotti e gli Chic. Come dire che amano dalla black alla dance, passando per il rap. Vincitori di diversi premi (Rock Targato Italia nel 2007) e partecipazioni ad importanti eventi live (Festival delle Arti a Bologna e Sanremo Rock), gli OBC Slim con il loro debuttano gettano le basi per un futuro splendente. Sicuramente non piaceranno agli integralisti dell’hip hop, ma per chi si ricorda Pino D’Angiò l’ascolto di “Danza Scalza” potrà procurare simpatiche emozioni. Francesco sembra infatti un moderno D’Angiò alle prese con nuovi generi musicali, che permettono alla sua voce di modellarsi senza problemi su ritmi e sonorità. I testi spaziano da storie di vita quotidiana a romanticismi in puro stile pop, sempre con un occhio al ritmo che ti fa battere il piedino. Tra i brani più riusciti “Danza Scalza”, “Bomba”, “Borderline”, “Pampero” e la sfuriata di “Dimmi Senti Balla”. Non mi convince invece il reggae di “Sole Sulla Pelle” ed il Jovanotti style di “Estate”. Gli OBC Slim superano comunque a pieni voti la prova del disco. Per gli amanti del ritmo e dell’hip hop al servizio della melodia.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Lloyd Cole

Cleaning Out The Ashtrays
Ci sono artisti che perdi di vista. Perdi di vista perché i nuovi nomi incalzano e tutti sono alla perenne ricerca della novità da far ascoltare agli amici, alla fidanzata, ai colleghi di lavoro, ai compagni di classe. Lloyd Cole lo avevo perso di vista, dopo averlo ascoltato per mesi, forse anni, a metà degli anni ottanta quando era accompagnato dai Commotions. Finita quell’avventura Cole si era trasferito a New York dando vita ad una carriera solista che, mea culpa, avevo snobbato a favore di musicisti più alternativi. Oggi, invece, eccolo nello splendore di un box con 4 cd e ben 59 canzoni, pescate tra lati B, rarità e versioni alternative. Una specie di opera omnia del versante meno conosciuto di una voce che appena ha iniziato ad intonare “The L Word”, lato B del singolo “Weeping Wine”, mi ha riportato di colpo indietro nel tempo, come se in un battito di ciglia si fossero azzerati 25 anni. Lloyd ha sempre la sua inconfondibile voce, è sempre intenso come pochi e cavalca le note con un piglio da consumato chansonnier. Il trasferimento in Massachusetts, dove ha sposato la sua fidanzata americana, lo ha forse avvicinato di più alle sonorità delle sconfinate lande a stelle e strisce ed oggi rimane poco delle sue origini inglesi, ma chi lo ha visto nel 2004, in occasione della Réunion con i Commotions, afferma di aver incontrato un cantante decisamente in forma, musicalmente parlando. Per tutti coloro che lo hanno ascoltato un tempo che fu e per chi vuole scoprire un artista che ha continuato ad incidere dischi, nonostante il mondo volgesse le sue orecchie altrove. Un graditissimo ritorno (almeno per il sottoscritto), con un cofanetto che ha la forza di metterti in pace con i tuoi stress quotidiani. Un grande.

Formato: 4 cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Camera 237

Inspiration Is Not Here
La musica è bella perché varia. La musica è bella perché le sorprese sono sempre dietro l’angolo. La musica è potente perché ti da emozioni. La musica è vita perché dietro ad un cd c’è sudore, passione, partecipazione. La musica è viva perché anche il più semplice suono dà vibrazioni. La musica dei Camera 237 è piena di tutto questo. La musica dei Camera 237 è un viaggio tra mille rivoli emozionali. La musica dei Camera 237 è una sorpresa (ammetto la mia ignoranza, ma non conoscevo il debutto autoprodotto di tre anni fa), come difficilmente ti capita di ascoltare. La musica dei Camera 237 ti culla e se sei amante di Sonic Youth, Shellac, Pavement e buona parte dell’indie statunitense ti senti a casa. La musica dei Camera 237 è intensa anche quando la voce di Marco Orrico è altrove. La musica dei Camera 237 è stata registrata in presa diretta da Francesco Donadello (Giardini di Mirò). La musica dei Camera 237 potrebbe fare da colonna sonora ad un viaggio nelle metropoli del mondo. La musica dei Camera 237 gioca con i titoli dei brani (“23 Secondi Per Decidere Di Non Morire”). La musica dei Camera 237 si innalza impetuosa in “New Song”, per poi “cadere” nelle visioni psichedeliche di “If You Are Tired Don’t Risk, Stop Please”. La musica dei Camera 237 è intensa come lo sono stati i Karate. La musica dei Camera 237 è deliziosa come le fragole con la panna. La musica dei Camera 237 pretende attenzione. La musica dei Camera 237 gioca con la nostra anima. La musica dei Camera 237 è un colpo al nostro derelitto cuore. La musica dei Camera 237 non teme i confronti perché è viva. La musica dei Camera 237 è invernale.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Zerouno

.2
Nel 2000 Simone Cattaneo ha voglia di dare vita ad un collettivo musicale. Luca Urbani (ex Soerba) è nel progetto che prende il nome di Zerouno. Nel 2004 la Mescal pubblica il primo album del collettivo, che vede la partecipazione di tanti amici come Alice, Andy e Morgan dei Bluvertigo, Mao, Garbo e Lele Battista (ex La Sintesi). La prima fase si conclude. Oggi con “.2” gli Zerouno sono pronti per rifarci assaporare le loro sonorità che però, a differenza del debutto, affidano le parti vocali quasi esclusivamente a Lele Battista ed il sound diventa decisamente meno elettronico. Ciononostante, come nel precedente capitolo discografico, qualche amico ha fatto visita ai Zerouno, così si può ascoltare un solo di sax di Andy in “Intelligente”, alcune parti di Vincenzo Messina (Statobrado, Terence Trent D’Arby, Renga, Antonacci) in “Non Essere”, “Altro” e “Naturale”, un coro di Marco Pancaldi (ex Bluvertigo) in “Naturale” o un synth di Francesco Agostoni in “Niente E’ Per Sempre”. Sul versante prettamente Zerouno, si può invece dire che i richiami a Franco Battiato si colgono qua e là, soprattutto nelle liriche: “Il gioco è bello quando è stupido, il serio è bello quando è stupido”, “Mi piaci quando parli come un libro stampato, mi piaccio quando incespico nelle parole”, “L’individualista è come me, si sente solo, combatte per un mondo migliore”. Invece per quanto riguarda le sonorità sono quasi da antologia, melodie sognanti e futuriste fanno perfettamente da contraltare alle parole di Lele Battista. Gli Zerouno sono riusciti nel difficile compito di dare vita ad un suono originale, quasi fosse un loro marchio di fabbrica. Un disco per sognatori e per cuori erranti.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Giacomo Barbieri

Lumache
Provate a fare una ricerca su Internet digitando “Giacomo Barbieri” e troverete una marea di pagine. Una di queste mi ha incuriosito ed ho trovato diverse persone che parlano dei brani di Barbieri da almeno tre anni e lo seguono dovunque si esibisca. Non male per un giovane cantautore che faceva parte di una band underground bolognese chiamata Cavèdani. Finita l’avventura “bandistica”, Barbieri ha iniziato ad esibirsi a suo nome, arrivando, appena un anno dopo, ad avere un singolo, “Vedi Rita”, programmato da due network radiofonici, Radio 105 e RTL. Un nuovo singolo, “Lumache”, lo ha portato ad aprire molte date di Edoardo Bennato. Nel 2008 un ennesimo singolo, “Ma Come Fa La Luna”, ha ottenuto passaggi su RadioRai1 ed è stato fra gli otto vincitori di “Musicultura”. Poi finalmente il debutto sottoforma di cd album è arrivato tra le mani dei suoi fan. Undici canzoni cantate in italiano con sagace ironia. Un novello Marco Carena meno goliardico, ma più attento alle melodie. Un Cesare Cremonini meno serio e più “cazz.ne”. Giacomo Barbieri è un rappresentante di quell’ala cantautorale nostrana che mette in fila profondi testi con il sorriso sulle labbra. Un artista che riesce a farti trascorrere quaranta minuti senza dover assumere una posa plastica durante l’ascolto. Giacomo sembra proprio a suo agio tra frizzi e lazzi, ma strizza l’occhio anche ad universi paralleli, che vanno dall’universo femminile a quello animale. Un nome sul quale si potrebbe scommettere. Tra i pezzi clou dell’album “Vedi Rita”, “Tu Non Capisci”, “Moscerino” e “Lumache”. Fate un giro sul suo myspace e ditemi cosa ne pensate.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Susumu Yocota

Mother
L’aggettivo che più di addice a Susumu Yokota è prolifico. Dico questo perché Susumu (di provenienza giapponese) è riuscito, dal 1998 ad oggi, a pubblicare 20 album a suo nome e a collaborare con decine e decine di artisti sparsi per il mondo. Se si legge la sua discografia su qualsiasi sito a lui dedicato, si rischia di abbandonare l’elenco delle produzioni arrivati neanche ad un quarto di interminabili elenchi di cd. Conosciuto anche sotto svariati pseudonimi, tra i quali Stevia ed Ebi, Susumu si è accasato ultimamente su Lo Recordings, legata ad una stretta collaborazione con la Skin Tone, casa discografica creata proprio da Susumu. A distanza di due anni dal precedente album di ambient music, Susumu torna sul luogo del delitto con “Mother”, che si avvale di tante voci femminili come quella di Casper Calusen (Efterklang), Anna Bronsted (Our Broken Garden), Nancy Elizabeth, Caroline Ross, Kaori e Claire Hope (The Chap). Da queste presenze vocali ne esce un ritratto che a volte ricorda i Cocteau Twins più ispirati, mentre in altri momenti strizza l’occhio al Robert Wyatt più accessibile. Solo la traccia conclusiva, “Warmth”, risulta essere esclusivamente strumentale, quasi a voler chiudere il disco ricordando le suadenti voci che ci hanno accompagnato in questo ascolto leggiadro. Susumu è anche un dj e compositore di house music, ma in questa veste meno danzereccia si esprime sicuramente al meglio delle sue capacità. Musica per sognare ad occhi aperti, per rimpiangere quando amavate i Cocteau Twins. Susumu è un artista molto prolifico. Avvicinatevi alla sua sterminata discografia con “Mother”. Intrigante.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

The Vickers

Keep clear
I Vickers sono di Firenze. Circa un paio di anni fa avevano sparso per la penisola un demo-cd con quattro pezzi. David Bash rimane così colpito dal loro sound, che invita il gruppo a suonare al Cavern di Liverpool (sì, proprio quello), l’esperienza deve averli segnati se è vero che i quattro dicono pubblicamente che si sarebbero suicidati se la band non fosse riuscita a pubblicare un primo album. Fortunatamente per loro la Foolica Records decide di proporre al combo un contratto e pubblicare un disco. “Keep Clear” salva così i quattro da morte certa e mette nelle mani degli ascoltatori dodici tracce di pop rock che si nutre di melodie a profusione e impasti voce/chitarra da lacrime agli occhi. I Vickers sono infatti a loro agio nelle ballate dal sapore agrodolce. Molti li hanno paragonati ai Turin Brakes, ma personalmente sento piuttosto echi dei Coral, per citare un nome attuale, o dei Beatles, per citare un nome storico. Se l’album fosse di una band anglofona “Here Again” potrebbe essere un singolo, come “Come On Come On” e “Bring The Sun”. In “I’ve Got You On My Mind”, invece, la vena dylaniana è in bella mostra ed il menestrello americano dovrebbe essere alquanto felice di aver ispirato una band italiota che ha fatto proprie le sue emozioni. Nel proseguo dell’ascolto un piccolo scossone lo si ha incrociando “It’s Not Easy”, per poi tornare, subito dopo, alle atmosfere delicate di “How Are You” (altro potenziale singolo). Insomma i Vickers fanno al caso vostro se amate sonorità dolci, atmosfere d’amore e suoni vellutati. Vi ricordate gli Allison Run ed i Jackie Stewart Said? Se li avete amati correte a comprare “Keep Clear”.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Triobrio de luxe

Non bravi, ma belli
I Triobrio Deluxe sono un supergruppo composto da un componente dei Koinè, uno dei Deh e uno dei Juggernauts. Il trio di Ferrara ha esordito da poche settimane con un cd ep contenente 5 brani. Fin dalla copertina e dal titolo, “Non Bravi Ma Belli”, si può intuire che i Triobrio Deluxe non sono di certo un gruppo super impegnato e devoto alle cause sociali. Le sonorità possono essere descritte come un pregevole pop rock elettronico con basi campionate di matrice ballabile e liriche in italiano. Le danze iniziano con “Vado Via”, brano pestone dal cantato urlato che ti sbatte in faccia la voglia dei trio di colpire il basso ventre degli ascoltatori, si prosegue quindi con “Incantevoli”, che soffre un poco di alcuni parti vocali troppo tirate, subito dopo è la volta di “Per La Strada” che ti trovi a canticchiare subito dopo il primo ascolto, tocca poi a “Ta Ta Tara (Non Ce La Faccio)”, mostrare il lato più rock del trio, in una versione elettronica dei cori di band come i Sham 69, chiude infine “May Day” dal suono rotondo e rockeggiante. Che altro dire, il trio è stato avvicinato a Bugo, Devo, Sonic Youth e Deus, chiedo scusa ma non ho ritrovato nessuno di questi artisti nei cinque brani del cd. Piuttosto ho sentito la voglia di cercare una propria strada, strada che deve limare un poco le parti vocali, a volte troppo esasperate. Per il resto un progetto con una sua dignità che merita un ascolto. Attendiamo i Triobrio Deluxe alla prova dell’album, quando dimostreranno di che pasta sono fatti. Alla prossima.

Formato: cd ep


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Nichel eye

The Time Of The Assassins
I Nickel Eye sono un progetto laterale del bassista degli Strokes, Nikolai Fraiture. La band è composta da Nikolai (voce, basso, armonica), Joel Cadbury (chitarra), Jamie McDonald (chitarra) e Brett Shaw (batteria). Il debutto è appena arrivato nei negozi attraverso la Rykodisc e vede la partecipazione di Regina Spektor al piano in “Where The Cold Wind Blows”e Nick Zinner, degli Yeah Yeah Yeahs, alla chitarra in “Dying Star”. L’album è il racconto di un viaggio fatto qualche anno fa da Fraiture in lungo e largo per gli Stati Uniti. Un peregrinare che ha permesso a Nikolai di incontrare le influenze artistiche di Springsteen, Dylan, Neil Young e Leonard Cohen, che coverizza proprio con “Hey, That’s No Way To Say Goodbye”. Ovviamente non mancano alcuni echi degli Strokes, “You And Everyone Else”, ma se non ci fossero stati saremmo qui a dire che un sottile legame con il gruppo madre ci voleva, quindi problema già risolto. Il disco si divide tra un’anima più intimista (“Back From Exile”) ed una più energica (“Dying Star”), con una accentuata predilezione per le ballate sostenute dall’armonica (“Another Sunny Afternoon”). Nikolai ha decisamente speso bene il tempo libero che aveva a disposizione prima di riunirsi agli altri e decidere di registrare il nuovo album degli Strokes. Però questo disco accentua il grande dubbio che ho da sempre: “Gli Strokes sono una bufala o no?”. Ascoltando i Nickel Eye sembrerebbe di no. Da ascoltare a volume altissimo per sentire il basso che ti buca lo stomaco.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Martinicca boison

Sovrapensieri
Due anime, due suoni. I Martinicca Boison nascono nel 2002 dall’unione di due band fiorentine: i Fenila Laniola (etno world) e i Bravo Fagiolo (rock progressive). Questo mix dà così vita a quello che loro definiscono “folk elegante”. Una miriade di concerti e concorsi, fino a quando, nel 2005, viene pubblicato il primo cd, “Per Non Parlare Della Strega”, che vede coinvolto Enriquez Greppi dei Bandabardò. Il nome della band comincia a sconfinare dalla Toscana e il gruppo inizia a lavorare ad un secondo capitolo sulla lunga distanza. Team vincente non si cambia, Greppi è infatti ancora con loro, come non cambia l’approccio divertito alla musica. Dodici canzoni che raccontano 24 ore di vita, dall’iniziale “Buongiorno” alla conclusiva “Buonanotte”. Nel mezzo il tempo della colazione, i consigli delle zie, un viaggio in Bosnia, un film in un cinema di seconda visione e poi a casa ripensando alla giornata appena trascorsa. Come nel viaggio lungo 24 ore, anche il sound parte scoppiettante per poi concludersi con sonorità scure e tenebrose come la notte che incombe. Dal vivo, chi ha avuto il piacere di vederli, racconta di veri e propri happening artistici, happening che si percepiscono anche su cd. Suoni limpidi, voci perfette, arrangiamenti signorili, cosa si può volere di più da un disco. Per tutti gli amanti del folk una manciata di canzoni da canticchiare giorno dopo giorno. Bravi. Un gruppo che meriterebbe di andare al Festival di Sanremo per dimostrare all’Italia intera che musica, nel Belpaese, significa anche Martinicca Boison.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

White mosquito

Personalita' nascoste
I più informati raccontano di un paio di demo-cd che avevano già mostrato la forza dei liguri White Mosquito. Sempre loro, i ben informati, dicono che la band ha partecipato alle selezioni di Italia Wave Love Festival, piazzandosi secondi. I super informati dicono anche che i White Mosquito hanno partecipato ad un altro concorso che metteva in palio l’apertura di un concerto dei Deep Purple. Quella sera qualche migliaio di appassionati di hard rock toccò con orecchio il rock sanguigno dei White Mosquito. Gli iper informati spiegano anche che la scelta della lingua italiana, derivata dai tanti ascolti fatti di Afterhours, Litfiba, Timoria e pure Quintorigo, ha giovato al sound spigoloso del quartetto. E’ così che questo “Personalità Nascoste” ben si destreggia tra un rock arcigno e ballate sdolcinate (“Quello Che Non Vedo”, “Tu Senza Me”, “Fino A Farmi Male”). I White Mosquito hanno registrato un signor album. Complimenti anche per come sono riusciti a domare la lingua italiana in un contesto prettamente rock. I White Mosquito non hanno inventato nulla di nuovo, ma quello che fanno, lo fanno con passione e bravura. Posizionate il volume sulla tacca 10, se il massimo è 10 e poi cantante insieme a Sergio in “Come Se”, fate finta di essere Daniel alla batteria in “Ultimo Incontro”, o Ivo al basso in “Manifesto”, oppure Matteo alla chitarra in “Sono Colpevole”. Dopo aver sudato nella vostra t-shirt alla moda ripartire con l’ascolto dall’inizio, questa volta senza leggere i testi del libretto, perché li avrete imparati a memoria. Bravi anche per la grafica che accompagna il cd.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

F.L.A.G.

Atomi
I F.L.A.G. sono di Porto Sant’Elpidio. Detta così può sembrare riduttivo, invece tra le loro fila si “nascondono” un paio di elementi (su quattro) con un denso passato artistico. Infatti Fulvio Ilari (chitarra) era già nei Lonely Boys, Rumdum e Re-Azione, come Luigi Gattafoni anche lui ex Re-Azione. Con dei trascorsi come questi i F.L.A.G. hanno messo sul piatto della bilancia una dose di esperienza che non fa mai male in un nuovo progetto artistico. Uniti dal 2002, hanno debuttano con un primo cd nel 2005 ed oggi sono pronti per farci ascoltare il secondo capitolo, “Atomi”. Con la seria intenzione, perlomeno credo ascoltando il cd, di andare oltre il pop da classifica, il quartetto piega al suo volere i testi in italiano e li mette assieme ad una sorta di rock-pop coeso con melodie a profusione. Anche i testi raccontano di faccende quotidiane, ottimo esempio la prima canzone in scaletta, “Troppo Vecchio O Troppo Giovane”, o “Invulnerabile”. Tra cactus, bambini in fasce, robot e no global, i F.L.A.G. potrebbero essere la risposta al dilagare di canzoni senza idee. Forse dovrebbero osare di più per rimarcare maggiormente che loro sono pronti per conquistare il mondo. Se però non avete tempo di aspettare la prossima uscita discografica fatevi incantare da “Alibi”, già adesso potrete godervi un sano disco di rock nostrano. Perdetevi nella spirale in copertina, l’uscita ve la potranno indicare solo i F.L.A.G.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Kabila

La citta' degli alberi
Emad Shuman, voce dei Kabila, è di origine libanese e nato in Sierra Leone. I suoi occhi hanno visto la guerra civile e la morte. I suoi occhi hanno trovato la pace ad Arezzo, dove la band ha preso forma. “La Città Degli Alberi”, debutto per questo ensemble multietnico, dimostra che la musica va oltre gli odi e l’intolleranza che ultimamente striscia anche nello Stivale. Il cd racconta di un viaggio inverso rispetto a quello fatto da Emad, narrando di un giovane europeo che parte per l’Africa alla ricerca della culla dell’umanità, trovando nel suo viaggio le bellezze del continente nero ma anche le enormi sofferenze dei suoi popoli. Ascoltando “La Città Degli Alberi” si ha la netta sensazione di come anche le culture più distanti possano, se c’è la volontà e la voglia, convivere insieme arricchendosi a vicenda. I suoni mediterranei ed arabi si uniscono, si fondono e si mescolano con grande naturalezza, complice sicuramente l’estro dei musicisti e la qualità delle composizioni, ma ciò non toglie che il messaggio dei Kabila (in arabo tribù) riesce a diffondersi con naturalezza attraverso delle “semplici” canzoni. Per il sottoscritto, non troppo amante della world music, i Kabila sono stati una piacevolissima sorpresa che gira ormai da diversi giorni nel lettore cd. Ascoltando “La Citta Degli Alberi” un profondo senso di pace ti coglie improvvisamente e le immagini atroci, che magari hai visto dieci minuti prima al telegiornale, sembrano lontane nel tempo e nella testa. I Kabila hanno pubblicato un bellissimo disco e detto da uno che non ama questo genere assume un significato ancora più pregnante. Da ascoltare e riascoltare per ricordarci che la pace è l’unica via percorribile. Non dimentichiamolo mai.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Pursela nuela

La grande pufa
Una volta c’erano Gli impossibili. Oggi ci sono i Pursela Nuela. Quattro musicisti che dal 2005 macinano musica, prima facendo cover di classici rock (Dylan, Beatles, Young, Clapton), poi componendo pezzi propri. Un primo demo-cd, “Godot”, ha lasciato poco soddisfatti i Pursela Nuela, che adesso ci propongono la seconda fatica discografica. Bene, si cominci l’ascolto. “Liga Ligò” suona rock blues nel suo progredire a passo spedito, con un finale che ci catapulta in un film poliziesco anni ’70, con “Cose Che Cambiano” le atmosfere si fanno più rarefatte, mentre “Perplessa” ci conduce per mano nel west americano. “Tripping” ha un cambio alla voce che passa da maschile a femminile, ottima scelta per una canzone che inizia delicatamente e poi esplode, “Paolone”, che si trova a metà strada è, insieme a “Liga Ligò”, tra i brani più riusciti, sound coinvolgente, testo azzeccato, “Ti Ho Beccato”, con la sua marcetta, ci ordina di ascoltare “Silenzio”, pezzo tirato e rock al punto giusto, “Inno Di Protesta” continua sulla falsariga del precedente brano, rock, rock, rock. Chiude “Voglio Di Più” esercizio di stile che calma le acque, un poco agitate con gli ultimi pezzi in scaletta. I Pursela Nuela fanno un sano rock che a volte vira verso il blues, o verso il grunge. Hanno notevoli margini di miglioramento e credo che siano consapevoli che il genere da loro proposto non è proprio quello che il pubblico di massa vuole ascoltare da una canzone. Ma chi di noi vuole essere massa?

Formato: demo cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Fabrizio Tarroni

Senzafiltro
Fabrizio Tarroni è un chitarrista con mille progetti in contemporanea. Fa parte dei Faxtet, quintetto jazz con all’attivo una decina di album, è un componente della band che ha accompagnato John De Leo nel suo percorso solista ed ha scritto alcuni brani nel suo debutto discografico, infine ha da poco pubblicato il secondo album a suo nome, “Senzafiltro”. Con questo lavoro Tarroni ha proseguito con l’esperimento messo in atto dai Faxtet di coniugare musica e letteratura. I testi del disco sono infatti derivati dal lavoro poetico di Guido Leotta e dai racconti di Barbara Garlaschelli. Nei sedici brani di “Senzafiltro”, dove Tarroni è voce e chitarra, c’è la giostra della vita, una giostra dove tanti amici sono saliti per un giro, da Enrico Liverani a Alessandro Valentini, da Cristian Ravaglioli, a Achille Succi o Lorella Pirazzini. Una giostra di pop, rock e jazz che rimanda all’universo di Paolo Conte, o Sergio Cammariere, solo per citare due artisti conosciuti ai più. Una giostra a volte gioiosa a volte maledettamente triste. Una giostra dove è assolutamente inutile citare un brano rispetto ad un altro, perché tutti contribuiscono al risultato finale. Una giostra dove il lato cantautorale di Tarroni è ben visibile, illuminato a giorno da sedici gioielli di passione. “Senzafiltro” è un disco da ascoltare dopo una giornata di lavoro stressante, dopo un litigio, quando si cercano parole di conforto, suoni che accarezzino le orecchie. “Senzafiltro” è un disco per amanti che si vogliono stringersi mano nella mano. Amore, dolore, vita.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Hector Zazou & Swara

In The House Of Mirrors
“In Inghilterra hanno Peter Gabriel, in America hanno David Byrne, in Francia abbiamo Hector Zazou” (Jean-François Bizot)
Hector Zazou non c’è più. E’ deceduto lo scorso 8 settembre. “In The House Of Mirrors” esce quindi postumo. Il destino a volte è beffardo. Il giorno in cui la Materiali Sonori annunciava l’imminente uscita di questo disco, Zazou moriva. Sì, il destino a volte è proprio str..zo. “Hector Zazou è stato uno dei personaggi chiave della world music. Produttore, musicista, compositore. Ha lavorato con decine di artisti sparsi per il mondo, in Italia con i PGR, in Inghilterra con Bjork, Siouxie e David Sylvian. “In The House Of Mirrors” è invece l’invito da parte di Zazou ad alcuni musicisti indiani e uzbechi. E’ proprio il connubio tra elettronica e le tradizioni musicali millenarie di queste terre, che compongono lo scheletro dell’album. Un album nel quale un gioco di specchi fa riflettere le sonorità da una superficie all’altra, arricchendola di volta in volta con intarsi sonori così pregiati da sembrare del tutto naturali. Dopo venticinque anni dalla nascita dell’Afro-elettronica, Zazou esplora un'altra parte di mondo, l’Asia, cogliendone con intelligenza i suoi aspetti più nascosti ed emozionanti. L’utilizzo delle scale musicali indiane (Raga), differenti da quelle occidentali perché le note di uno stesso Raga sono differenti a seconda se vengono eseguite in salita o in discesa e di strumenti come l’oud, fanno di “In The House Of Mirrors” un album dalle mille sfaccettature. Un album sempre pronto a regalarci nuove emozioni ad ogni ascolto. Il destino a volte è decisamente beffardo.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Gruppo fonico locale spa

Rock Doc
Ci eravamo già occupati del Gruppo Fonico Locale in occasione della pubblicazione di un precedente cd. Oggi li ritroviamo sempre sulla stessa strada che porta ai confini del Texas. Sì, perché il G.F.L. non pretende di inventare nulla di nuovo (oggi come oggi è comunque alquanto difficile), non giocano a fare le rockstar consumate (sono parole loro) e non credono nell’idolatria, ma suonano un robusto e sano rock di stampo americano con testi in italiano. La padronanza di tecnica e scrittura si avverte fin dal primo ascolto, perché l’esperienza non manca di certo ai G.F.L. e tutti coloro che hanno assistito ad un loro concerto raccontano di scene apocalittiche, dove sudore, rock e birra a fiumi scaldano le anime di tutti gli spettatori. Con “Rock DOC” la band si sente che è a suo agio, le parole scorrono fluide e sciolte, gli strumenti fraseggiano a dovere, le storie raccontate sono quelle che tutti i giorni ci possono capitare dietro l’angolo, anche se assolutamente autobiografiche. Il Gruppo Fonico Locale si permette addirittura di intitolare un brano “Rulla Bulla e Piro Piro Bubba Flubba e Frigidaire” senza cadere nel ridicolo. Provate voi a farlo e ditemi come vi sentite. Tra i pezzi più coinvolgenti “Talk Show (Bla Bla Bla)”, “Fratelli Nel Blues”, “Così E’ La Vita” e “Africamerica”. Non perdetevi anche la chiusura del disco affidata a “La Santissima Canzone”, uno sballo tra Skiantos e Guccini. Il Gruppo Fonico Locale S.p.A. è tornato nei miei ascolti. Bene, vorrà dire che nei prossimi giorni il rock sarà il padrone del mio stereo.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Megapuss

Surfing
I Megapuss sono giunti al primo vero e proprio album. I Megapuss sono Devendra Banhart e Greg Rogove dei Priestbird, insieme ad una miriade di musicisti loro amici, tra cui Fabrizio Moretti (Strokes), Noah Georgeson e Aziz Ansari (comico). I Megapuss sono un “duo” pazzo scatenato, se vi fermerete alle immagini di copertina e del libretto allegato, ma se invece comincerete l’ascolto potreste scoprire un mondo fatato, quasi confinante con quello di un circo abitato da tristi clown o trapeziste senza denti. Sì, perché i Megapuss sono un frullatore impazzito di suoni, di esperienze, di coincidenze. Non importa se sentirete un richiamo a George Michael (sì, sì, proprio lui), perché subito dopo vi sembrerà di essere alla corte di Frank Zappa o di Captain Beefheart. I Megapuss (nome strano, non credete?) sono degli hippie che amano sconvolgere le regole, perlomeno quelle musicali. “Surfing” è un caleidoscopio di suoni, frizzi e lazzi. Un disco che ad ogni nuovo ascolto ha la magia di farci scoprire nuove cose che prima non c’erano. Alla fine di “Surfing” si rimane un po’ storditi dalle mille cose che ci hanno appena ricoperto l’epidermide. I Megapuss con “Surfing” dimostrano la grandezza di Devendra, la “pazzia” di Greg e la genialità di entrambi. Un disco per hippie che oggi si nascondono dietro giacche e cravatte nei loro uffici open space, pronti a gettare alle ortiche il presente se si presentasse una vera occasione. Megapuss per riaffermare la propria vitalità. Perché a volte non basta respirare per sentirsi vivi. Pazzi. Pazzi scatenati

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Acquaraggia

La torta in fondo al cielo
Era il 1989 quando recensii per una rivista musicale un album dei toscani d’adozione Acquaraggia. Si intitolava “Gli Ex Fuorilegge Si Sposano”. Un piacevole ricordo, un piacevole disco. Dopo vent’anni mi ritrovo tra le mani un nuovo disco degli Acquaraggia, che nel frattempo hanno continuato a pubblicare dischi, fare concerti, partecipare a tributi. Mi trovo tra le mani “La Torta In Fondo Al Cielo” e mi ritrovo ad ascoltare la voce di Giuseppe Oliverio, mente pensante dietro al progetto da sempre, fin dal suo esordio nel lontano 1981. E’ un piacevole ritrovarsi nelle dodici canzoni di questo cd, registrato, mi sembra di intuire dalla musica e dalle parole, assieme ad amici di lungo corso come Gabriele Savarese (chitarra, violino), Bronco (batteria), Domenico Arcuri (basso), ma anche Andy Ndukuba (voce in “The Whole World Needs Redemption”) e Luca Mariannini (tromba). Dopo un “Ouverture” che prepara l’ascoltatore al viaggio, “Imagine All The People” prende spunto da John Lennon e ci conduce nel mondo degli Acquaraggia, fatto di parole che sono leggere e pesanti al tempo stesso. Lungo il cammino ci sono alcune piazzole di sosta dal rap di “Hikikomori” al funky di “Plastic Girl”, fino al reggae di “The Whole World Needs Redemption” con un coro di bambini/ragazzi del Centro Accoglienza Pinocchio. Brevi soste che rafforzano il messaggio degli Acquaraggia. Da segnalare anche la chitarra di Bernardo Baglioni in “Polizia” e la viola di Paolo Clementi. La torta in fondo al cielo è lì che ci aspetta, una fetta per tutti coloro che amano la musica è assicurata. Era il 1989. Vent’anni fa.

Formato: cd


(Pubblicato il: 28/11/2013)

Colarossi/Levrini/Pergreffi/Tavernelli

Correggio mon amour
Il sottotitolo di questo libro recita così: “Storia di storie della musica rock in una città della provincia emiliana”. Già, proprio la provincia, quella tipica emiliana, che guarda all’America come sogno irraggiungibile e vive con la falce ed il martello sotto il letto. Quella provincia che è il motore di tutto, altroché le metropoli miope ai bisogni dei suoi abitanti e troppo occupate a mostrarsi belle agli occhi del mondo. E’ la provincia che ci ha dato le maggiori soddisfazioni, anche in campo musicale. Correggio è in provincia, provincia di Reggio nell’Emilia e leggere le sue gesta artistiche sciorinate in questo libro si rimane allibiti. Correggio da sempre è una cittadina musicale, sia che si parli de Le Sfingi (dal look alla Velvet Underground) sia che si legga degli En Manque d’Autre, o di Little Taver. Correggio è qui descritta con i suoi mille figli che hanno scalato le classifiche mondiali “nascondendosi” dietro a nomi anglosassoni (Black Box), o mantenendo il proprio nome e cognome (Luciano Ligabue). Correggio, sì sempre lei, ha ospitato per decenni artisti internazionali di primo livello (a tal proposito andate a scorrere i nomi in cartellone dal 1978 ad oggi), ha accolto nelle sue braccia i Rio, i Mamamicarburo, Andrea Griminelli, Nun Ne Posse Più, Afa, Dark Age, ma anche la squadra di calcio della Dinamo Rock e l’emittente raccontata nel film “Radio Freccia”. Di corredo al libro un cd con brani musicali, foto e tanti altri articoli. Un libro che è una miniera d’oro di informazioni. Correggio è in provincia. Non scordatelo.

Formato: libro


(Pubblicato il: 28/11/2013)