Kraftwerk

6 luglio 2005, Ferrara sotto le Stelle

Anche per l’estate 2005 la rassegna “Ferrara sotto le stelle” ha avuto in calendario ottimi nomi, fra gli altri: Beck, Sonic Youth, Bright Eyes e gli attesissimi Kraftwerk. La splendida location di Piazza Castello è piena di gente da tutta la regione (ma soprattutto da Bologna… verrà mai il momento dell’intoccabile Piazza Maggiore?). Un sipario copre il palcoscenico. Alle prime sintetiche note quattro gigantesche ombre si stagliano su quel telone: perfettamente equidistanti, dritte, immobili. Il sipario si apre e appaiono i Kraftwerk, in impeccabile completo nero. Ognuno dietro ad un piedistallo che termina con una tastiera e un monitor. Dietro a loro in un immenso schermo scorrono immagini, colori, linee geometriche, parole. L’impatto visivo è incredibile: il minimalismo tedesco ritrova la sua ragione d’essere. Ralf Hutter e Florian Schneider, i due membri fondatori dei Kraftwerk, sono lì al loro posto, gli altri due sono gli ultimi di una serie interminabili di musicisti (ingegneri?) che si sono alternati nelle diverse formazioni nel corso di oltre 30 anni di attività. Il primo album, omonimo, è uscito nel 1970, l’ultimo Minimum-Maximum, doppio cd live, nel 2005. Il concerto inizia con la mitica The Men Machine ed è subito emozione e coinvolgimento, che scaturiscono da uomini-macchina, ma pur sempre uomini, che suonano apparecchiature elettroniche, ma pur sempre suonano e soprattutto creano. Ogni brano, che si sussegue al precedente senza pause e senza parole rivolte al pubblico, ha uno sfondo visivo studiato ad arte, e anche gli abiti improvvisamente sono diversi: dal completo nero ad una tuta aderente – pur sempre nera - con un reticolato che sotto le luci ultra-violette si accende per Radioactivity (avranno avuto la tuta sotto per un rapidissimo cambio in un momento di buio?).
Chi si è informato prima di venire al concerto attende il momento degli androidi, ovvero 4 umanoidi che sostituiscono le persone sul palco e “suonano” al loro posto e muovono le braccia e la testa, ma non hanno gambe (un monito agli eccessi della tecnologia proprio dai Kraftwerk?!); quel momento arriva con, naturalmente, The Robots. Ed è quasi un film di fantascienza.
Questo pezzo è di 20 anni fa? Quello è del 1974? Pare impossibile. Definizioni come “precursori della sperimentazione elettronica” diventano al cospetto degli eterni Kraftwerk delle banali ovvietà; meno ovvio è fare mente locale sul fatto che negli anni ’70 non c’era a disposizione la tecnologia che c’è oggi, ogni sintetizzatore era un mostro di fili e congegni costruiti e diretti ad arte… e se sbagliavi, non potevi neanche fare taglia e incolla.


(Pubblicato il: 28/11/2013)