PIL - Metal box

Fine anni settanta, il punk in Inghilterra era già morto e sotterrato, la seconda ondata, quella con le creste degli Exploited, faceva sorridere i punk della prima ora. I Sex Pistols, la faccia istrionica del movimento, si erano già disintegrati in mille rivoli di iconoclasta memoria e il loro frontman aveva abbandonato la barca prima del definitivo naufragio. Johnny Rotten, decideva infatti di riprendere il suo cognome, Lydon, e dare vita ad un nuovo gruppo che inventava il post punk. I Public Image Limited erano lo sguardo cattivo della società inglese, gli irriducibili, i vendicatori mascherati. Dopo l’omonimo debutto sulla lunga distanza, che metteva in copertina le facce “pulite” dei componenti della band, i P.I.L., per il secondo lp, volevano uscire dai clichè del rock. Volevano rinunciare alla loro immagine, come quando suonarono nascosti da una tenda (per un concerto che durò 15 minuti ed entrò nella leggenda). Volevano scioccare, stupire e perché no, dare fastidio. Dare fastidio alla casa discografica, ai negozianti, al mercato, agli ascoltatori, insomma a chiunque si fosse imbattuto nella loro musica e nel loro secondo album. La musica dei P.I.L. fatta di bassi penetranti, batterie asciutte e dub avantgarde, aveva fatto sì che l’album diventasse in realtà un triplo 12 pollici che suonava a 45 giri, scelta dettata dal fatto che la band voleva mantenere la giusta dinamica di quel sound tagliente e freddo come una lama che taglia la pelle. Ora, però, bisognava decidere quale involucro avrebbe fatto da copertina ai tre dischi. L’idea venne a John Lydon e Jah Wobble (bassista), mentre dietro a casa di Lydon stavano pisciando dentro un contenitore di metallo grande come un lp. Entrambi si guardarono in faccia e senza parlare capirono di aver trovato il contenitore per il nuovo album dei P.I.L. Non senza difficoltà il gruppo convinse la casa discografica (la Virgin Records), a pensare seriamente ad una scatola di metallo. Alla fine la Virgin acconsentì, ma con la “clausola” che il box di metallo riportasse, grazie a adesivi, alcune informazioni fondamentali (nome del gruppo, titolo dell’album e tracklist). I P.I.L. furono naturalmente irremovibili sulla decisione di non apporre nessun adesivo, la scatola doveva riportare solo ed esclusivamente il logo del gruppo. Per dovere di cronaca bisogna dire che furono realizzate pochissime copie di prova, chiuse lungo il diametro del box con un nastro da pacchi stampato con il logo dell’ensemble. Inutile raccontarvi che chi possiede una di queste rarissime copie (senza averla mai aperta, ovviamente), ha un piccolo tesoro.

Charlie Dimont, allora “Marketing Manager” alla Virgin, oggi presidente della EMI Europe, incontrò la band a casa di Lydon. I ragazzi misero sul tavolo della discussione le idee più strampalate e costose. Wobble propose una custodia di granito, mentre il chitarrista Keith Levene parlò di mettere i dischi in una enorme scatoletta, come quelle usate per le sardine e dare ad ogni acquirente un apriscatole. Questa idea fu però scartata perché la lamiera chiusa come una scatoletta prevede una saldatura fatta ad elevata temperatura, che poteva fondere i vinili. Dimont contattò una fabbrica di Londra, che si chiamava “Metal Box Company”, la quale si dimostrò entusiasta dell’idea. Solitamente la ditta produceva alluminio per un noto marchio di bibite gassate. Il braccio di ferro tra John Lydon e la Virgin si risolse con un foglietto, inserito all’interno della scatola, con la tracklist ed alcune note. Quando il box fu stampato ed i dischi, finalmente, andarono a riposarci dentro, ci si accorse che era di estrema difficoltà tirarli fuori, il tutto era stato fabbricato di misura e alla Virgin si pensò al peggio. Invece, appena il box fu nei negozi il successo fu stravolgente. Il “Metal Box” trovò migliaia di estimatori, che proprio nella difficoltà ad estrarre i dischi pensarono ad un'ulteriore scelta da parte dei P.I.L., come se Lydon e Company volessero lasciare a tacere la loro musica nella scatola metallica. Una seconda tiratura, con una classica copertina apribile (con due lp), vide la luce all’esaurirsi del box. Infine nel 1990 la Virgin decise di pubblicare una fedele riproduzione del “Metal Box” anche in versione cd. A ventisei anni di distanza il secondo album dei P.I.L. rimane un oggetto di culto, non solo per la musica, ma anche per la sua confezione. Ogni box è infatti “invecchiato” a suo modo, rendendo unica ogni copia stampata. La lamiera è diventata col passare del tempo un foglio d’oro, considerando il prezzo raggiunto tra i collezionisti di mezzo mondo. L’immagine Pubblica ha mantenuto fede al suo primario impegno. Scioccare, sconvolgere e disturbare. In tanti ci hanno provato, ma in pochissimi ci sono riusciti.


(Pubblicato il: 28/11/2013)