Joey Baron

Ravenna, 15-16 aprile 2000.
Nei due giorni del seminario parla molto e suona poco, Joey. Ed è meglio così, ci sono già tanti dischi in cui possiamo sentire come suona. Pare che sia sempre di buon umore, sorridente, solare e forse è questo il motivo per cui suona così. Appena entrato, mentre sistema la batteria, chiede ad ognuno di noi il nome e ciò che vorremmo che lui ci desse in quei due giorni. E senza fretta si segna tutto su un foglio. Ci racconta di quando ha cominciato a suonare, a 9 anni, dei soldi che non aveva per potersi permettere una batteria e del tempo che ha passato a suonare una sedia o un giornale, cercando di tirare fuori da lì tutti i suoni che sentiva dai batteristi alla radio. E’ un passaggio fondamentale nella sua crescita come musicista, è questo il vero motivo per cui Joey riesce a far suonare un tamburo o un piatto in mille modi diversi: riesce a farlo anche con lo sgabello!!!! Qualcuno gli chiede un consiglio per lo studio della tecnica di base e dei rudimenti. Secondo lui è tutto abbastanza semplice in quanto gli elementi su cui lavorare sono tre: colpo singolo, colpo doppio, press roll. Tutto il resto è un mix di queste tre tecniche. Anche Buddy Rich, colui che secondo Joey è la persona che più si avvicina a Dio per quanto riguarda la tecnica sul rullante, non faceva altro che utilizzare quei tre elementi. Passiamo la mattinata di domenica ad ascoltare l’inizio di due soli di sax, a tentare di capire esattamente la ritmica e a cantarli. Per Joey, ma non solo, è fondamentale. E’ l’unico modo per possederli, per averli dentro; leggendo la trascrizione su un pentagramma non si otterrebbe lo stesso risultato. Inoltre è altrettanto utile cercare suggerimenti da tutti i musicisti che sentiamo su un disco, non solo dal batterista, e tentare di portare sulla batteria la melodia suonata, per esempio, da un sax. In due giorni di seminario non scrive una nota sulla lavagna, piuttosto strano per un musicista americano contemporaneo. Preferisce farci cantare, farci imparare le cose a memoria: esattamente il contrario rispetto all’esperienza che ho avuto con altri insegnanti statunitensi, preoccupati soltanto di quanto bene leggevamo a prima vista. Il finale, sulla tecnica delle spazzole, è ancora più impressionante del resto, ed è l’unico momento in cui Joey suona per un po’, liberamente. Forse è possibile riassumere in due frasi il senso di tutto quello che ha detto: “You must be able to have freedom” e “Explore all possibilities”. "In primo luogo mi interessa che quello che faccio sia invitante e divertente. Non cerco di impressionare la gente mostrando quanto bene posso suonare la batteria o mostrando i miei virtuosismi"
"Se dovessi descrivere il mio sound direi che è libero, sciolto e lento, il modo di quelli del Sud è lento. E sentimentale, fiducioso. Ciò che mi anima è una sorta di movimento sentimentale - sentire un cantante cantare una frase che magari è solamente POW! - e provare a tirare fuori dalla batteria un'emozione di quel tipo"
"Penso che un marchio di fabbrica del mio stile riguardi il fatto di riuscire a trarre il massimo da un set minimo. Ho solamente un hi-hat, un ride, un crash, un piatto chiodato e un set di 4 pezzi. Primo: quel che voglio fare è suonare musica che sia divertente. Se una persona ascolta una mia performance non deve aver bisogno di conoscere la storia della musica per potersi divertire. Questo è il mio lavoro."
Nato in Virginia nel '55, praticamente autodidatta, ha imparato a suonare ascoltando la radio, i dischi, la tv. Da oltre quindici anni è uno dei batteristi più importanti ed innovativi della scena musicale mondiale. Ha fatto parte dall'85 al '95 della band di Bill Frisell, ha collaborato con John Zorn prima nel gruppo Naked City e ora con Masada; attualmente è leader del trio Barondown e del quartetto Down Home (con Arthur Blythe, Ron Carter e Bill Frisell).


(Pubblicato il: 28/11/2013)