Soundtrack - febbraio 06

Terzo appuntamento della rubrica dedicata alle colonne sonore. Questa volta ci muoveremo zigzagando, zigzagando, zigzagando, nell’oceano del soundtrack senza badare pincipalmente alle ultime uscite, ma cercando di iniettare qualche stimolo a pois prelevandolo un po’ da tutti i fronti. Il “Medication Time” di oggi prevede capsule per Ennio Morricone, The Dust Brothers, Jack Nitzche, John Williams (ancora.. si ma ha vinto un Golden Globe con questo..) e Jon Brion.

ENNIO MORRICONE
SACCO E VANZETTI
BMG Ricordi 1971
Uscito rimasterizzato per la prima volta in cd nel 2005
Quest’anno sono 78 le candeline per Ennio Morricone.. eppure la sua vena creativa non si è certo prosciugata. Continua ad elargire colonne sonore a destra e manca, che siano Telefilm sui papi o sequel di “intoccabili” (uscita prevista per quest’anno) a lui non fa differenza. Il nostro amicone Ennio comincia la sua carriera nel 1960 con un lavoretto leggero leggero: il rifacimento della colonna sonora del Riccardo III datato 1912 (James Keane). Il vero “boom” lo farà quattro anni più tardi incontrando Segio Leone che lo condurrà a comporre il soundtrack al capolavoro western “Per un Pugno di Dollari” e proseguirà con “Per qualche dollaro in più” (1965), “Il Buono, il Brutto, Il Cattivo” (1966) e via discorrendo, sarebbe veramente impossibile scriverli tutti, il nostro amico Ennio ha sulle spalle più di 500 lavori per il cinema (.. e dici poco..). Ma veniamo a “Sacco e Vanzetti” (regia di Giuliano Montaldo, 1971) un film più che drammatico interpretato magistralmente da uno dei migliori attori del cinema italiano: Gian Maria Volontè (Vanzetti), e da Riccardo Cucciolla (Sacco). Ovvio che in questo contesto Morricone ha dovuto tenere un respiro molto profondo nella sua composizione, senza mai lasciarsi andare a qualcosa di lontanamente definibile “allegro”, dalla prima all’ultima traccia si assiste ad un grande lavoro di patimento da parte del maestro verso i due anarchici italiani, una tensione trasferita da archi tenuti tesi con l’aiuto anche di sintetizzatori (strumento a lui caro perché in grado di sostituire i batteristi che non riusciva a sopportare perché puntualmente si mettevano a giochicchiare con la batteria mentre lui spiegava..), tracce che sembrano nenie magistrali guidate da un maestro che la sa lunga, ci sentiamo sollevati dall’andamento di un clarino in “Speranze di libertà” (traccia 6) e subito dopo presi a schiaffi di corde in “Nel Carcere” (traccia 7). Insomma: siamo nel clima drammatico dell’italiano perseguitato che non capische un “h” di inglese.. cosa pretendevate? Un’atmosfera alla Clint Eastwood anche qua? E invece no, vi assorbirete anche la traccia 12 “La Sedia Elettrica”: due minuti di sintetizzatore assordante che emula lo stridore della corrente… huuuu… In ogni caso lasciatevi consolare dalla “Ballata di Sacco e Vanzetti” ditribuita in tre parti nel disco (tracce 2, 4 e 8) cantata da una Joan Baez a caso.. e Joan Baez + Ennio Morricone non può che essere un risultato ultrasoddisfacente che raggiunge l’apice con l’ultima traccia “Here’s To You” (traccia 14), un pezzo che da qualche parte l’avrete pur ascoltato (forse inconsapevolmente) una traccia perfetta per concludere a meraviglia tutto il lavoro di “Sacco e Vanzetti” che nel film inizia in dissolvenza dopo il breve monologo di Vanzetti prima dell’esecuzione per sedia elettrica: “viva l’anarchia!”. JACK NITZCHE
ONE FLEW OVER THE CUCKOO’S NEST
Fantasy Records 1975
Premessa: questa è veramente una colonna sonora per pazzi degenerati.
Jack Nitzsche è un compositore molto particolare, inutile dire che il passo più importante della sua carriera è stato proprio quello di accetare questo lavoro da parte di Michael Douglas (che proprio con “qualcuno volò sul nido del cuculo” comincerà una discreta carriera anche di produttore), sotto le direttive di Milos Forman: il regista (Amadeus, Hair, Man On The Moon, ecc.). Sono pochi i pezzi che riportano immediatamente la mente alle immagini del film: le due “One Flew Over The Cuckoo’s Nest” (Tracce 1 e 12: Opening e Closing Theme), le uniche due traccie “profonde” che immettono e lasciano un’atmosfera densa di dubbio, intrinsa di valori umani prosciugati e strizzati, eseguite con tamburo e sonaglio indiani (indiani d’America) accompagnati da un chitarrino sghembo e una sega da falegname suonata ad arco (uno stridore inconfondibile) che nel Closing Theme viene accolta da una marcia trionfante di archi (veri) e di fiati inneggianti alla fuga dal manicomio da parte del “Grande Capo” indiano. Le dieci tracce rimanenti, proprio a partire dalla seconda: “Medication Valse”, sono tracce dedicate ai matti in gabbia, ovvero quelle musichette che le varie infermiere mettono sul giradischi per tenere rilassati i pazienti, ottime per quando si hanno quelle crisi di nervi dovute alla troppa repressione quotidiana. “Bus Ride To Paradise” (Traccia 3) e “Aloha Los Pescadores” (Traccia 6) eseguite con chitarra awaiana e pianoforte allegro andante sono perfette per anabolizzare lo stress automobilistico dell’ora di punta, permettendoti di fare un bel sorrisone da ebete al simpaticone nevrotico che ti sta mandando a “fangiro” dal finestrino posteriore. “Play The Game” invece, eseguito con un bel chitarrino lento che fa da letto ad una splendida dose di violini sdolcinati e rilassanti, è una manna per i giorni di pioggia trascorsi davanti ad un camino fumando una pipa del nonno. Sei un pazzo psicopatico e non hai i soldi per curarti? La risposta è Jack Nitzsche: One Flew Over The Cuckoo’s Nest. THE DUST BROTHER
FIGHT CLUB
Restless Records 1999
Leggendario lavoro dei The Dust Brothers, ovvero Michael Simpson e John King che, oltre ad essere dei produttori molto attivi (Beasty Boys e Beck per citarne due), ogni tanto si cimentano nella creazione di pezzi per film (Private Parts, Orgazmo, Dead Man On Campus e pure Crossroads.. si.. proprio il film con la Britney, incredibile!), e solo una volta hanno composto un’intera colonna sonora, e l’hanno fatto per David Fincher (Seven, Panic Room, ecc.) nel 1999 con “Fight Club”, film brillantissimo tratto dall’omonimo libro dello scrittore cult del momento Chuck Palaniuk, con le splendide interpretazioni di Edward Norton e Brad Pitt, quindi in un certo senso questo è l’unico disco dei Dust Brothers. I gusti sono gusti.. però io reputo questo lavoro uno dei migliori usciti nei negozi di dischi nell’ultimo decennio. Non esiste un brano scontato o minore, ogni volta che lo si ascolta pensi “questa è la traccia migliore” e in quella dopo “no, è questa” e vai avanti così in un loop infinito. Si tratta di un gran lavoro di mixaggio, di elettronica compositiva fatta mooolto bene (ricordiamoci cosa producono questi due..) e non a caso erano anche i responsabili del suono del film. Il genere di questo album è abbastanza indefinibile, si potrebbe parlare di un lounge/elektro/world/rock (si.. e poi?) molto ben fatto, con suoni incredibili che vanno dalla tastierina sintetizzata al sitar, dalle percussioni elettriche a quelle metal, è talmente vario che si fa veramente una fatica boia a catalogare questo lavoro in qualcosa: “Single Serving Jack” (Traccia 4) si presenta ritmiticamente assillante e cupa per poi cambiare in un vortice di effetti sonori alla Fat Boy Slim frullato con Tom Waits e sfociare in “Corporate World” dal ritmo sincopato mixato ad un jingle di spot per asciugacapelli per poi cambiare drasticamente in una preghiera indu con tanto di grancassa e piatti alla Run DMC. “Marla” (Traccia 12) è un ottimo lavoro di dark lounge con tanto di tastiera soft e rullante secco intramezzata da una breve composizione musicale con orgasmi femminili per poi tornare all’ottimo lounge. Il lavoro si conclude con l’unica traccia che prevede la voce: quella di Tyler Durden (Brad Pitt), “This Is Your Life” (Traccia 16) dove Mr. Durden ci dice che non siamo unici fiocchi di neve, ma materia organica come tutto il resto, solo dopo aver perso tutto siamo liberi di fare ciò che vogliamo ecc.. ecc.. il tutto sostenuto dal ritmo incalzante e dalle sonorità imaginifiche che fratelli Dust. Un Ottimo lavoro insomma.. assolutamente da avere, non sembra neppure una colonna sonora dal gran che si regge da solo. JOHN WILLIAMS
MEMOIRS OF A GEISHA
Sony Classical 2005
Lo so.. lo so.. abbiamo già parlato di Mr. Williams, ma una colonna sonora così ben fatta (vincitrice del Golden Globe come migliore colonna sonora) non si può ignorare. Reduce dalla “Guerra dei Mondi” John crea la sua opera più innovativa dopo “Star Wars” (1977) per il film di Rob Marshall (regista del musical Chicago 2002) e sotto la produzione del suo fedele padrino Steven Spielberg. In questo lavoro Williams riesce a miscelare la tradizione musicale orientale ed occidentale con l’uso di strumenti tradizionali come il Koto (noto anche come “sò”, uno strumento a corde suonato orizzontalmente con i “Tsume”, letteralmente: unghie) e il Shakuachi (strumento simile al nostro flauto ma dal suono meno dolce), oltre al contributo dell’orientalissimo violoncellista Yo-Yo Ma e del violinista Itzhak Perlman. L’opera si apre con “Sayuris Theme” pezzo dal forte andamento orientaleggiante che riecheggierà in molti brani all’interno del disco (essendo il tema della protagonista), non meno particolare è “Going To School” (Traccia 3), forse l’unica traccia spensierata del disco, ma è il pezzo successivo a rappresentare eccelsamente la cultura musicale giapponese, in “Brush On Silk” è il Koto a fare da padrone, lo strumento che meglio rappresenta le acustiche tradizionali dell’isola dei terremoti, accompagnato da palpitanti percussioni in grado solo di sottolineare lo strumento portante del motivo. C’è da dire che Williams è stato molto aiutato dai suoi due collaboratori, il nostro amico John è spesso abituato a creare dei brani molto più vicino alla possenza della classica piuttosto che all’avvolgimento di un singolo violoncello o violino che conducono il tema del brano, come ad esempio accade nella splendida “The Chairman’s Walz” (Traccia 8). Quindi si.. abbiamo ripreso John Williams ma non troppo, senza Yo-Yo Ma e Itzhak Perlman questo lavoro sarebbe di una lena assai diversa.

JON BRION
ETERNAL SUNSHINE OF THE SPOTLESS MIND
Hollywood 2004
Jon Brion è da poco che si cimenta nelle colonne sonore e i risultati sono più che incoraggianti (copositore di Magnolia e I Love Huckabees). Eternal Sunshine Of The Spotless Mind oltre che essere un film molto ben riuscito e superinnovativo per storia e regia, può anche vantare un’intelligente soundtrack composto da Jon Brion e disseminato di pezzi Various Artist, almeno nella prima parte. Il disco si apre con il Tema ricorrente nel film, un pezzo molto orecchiabile e riconoscinile al primo pizzicato di violoncello che accompagna un pianoforte addomesticato molto bene. Il nostro Jon potrebbe essere un ultra famoso compositore di musica leggera se volesse, i suoi pezzi riescono ad accomodare immediatamente l’orecchio dell’ascoltatore catturandone completamente l’attenzione: questa cosa si può provare girando nei pezzi “Strings That Tie To You” (Traccia 18), in quella successiva “Phone Call”, nella splendida “Row” (traccia 22) una magnifica ballata al pianoforte e nell’ultima traccia “Elephant Parade” (Traccia 26, appena 25 secondi.. ma bastano..). L’impronta digitale di Brion risiede anche nella ricerca compositiva dei suoi pezzi “A Dream Upon Walking” (Traccia 17) ne è un esempio perfetto, nonostante sia ben strutturata gli strumenti vengono utilizzati in una maniera apparentemente “no sense” spingendoti in un vortice da lavandino e ubriacandoti di cose non ben definite. In sunto è lavoro molto particolare, con un genio compositivo veramente da apprezzare, in più il disco contiene diversi pezzi extra Jon Brion tra cui una magistrale interpretazione di Beck del pezzo “Everybody’s gotta learn sometime” (Traccia 12, originale dei “The Korgis” e successivamente interpretata anche da Zucchero). Insomma un lavoro molto orecchiabile e cervelloticamente stimolante.


(Pubblicato il: 28/11/2013)