Techno Pills - giugno 05

La mossa
Dopo Sony e BMG, anche la EMI cede ai “nuovi” modi di consumo musicale: il colosso discografico ha infatti da poco firmato un accordo con il Shawn Fanning, papà di Napster e titolare del sistema Snocap per lo scambio in rete di musica peer-to-peer. I termini dell’accordo sono rimasti segreti, ma il tutto è stato fatto con l’intento di conciliare copyright e svecchiare l’immagine (e i conti) della casa discografica.

Mi tappo il naso...
Google pianta le tende e apre un ufficio in Cina, dove ha già una fetta del 21% di mercato. Le prospettive di business nel paese del Sol Levante sono particolarmente appetitose, con una percentuale di 94 milioni di utenti connessi al web in continua crescita. E il problema etico? Per ora Google (che esplicitamente richiama il rispetto dei più elevati standard etici nel proprio codice di condotta) non se ne fa. La società americana ha deciso infatti di giocare al rimando e di valutare in futuro la politica delle autorità cinesi nel settore, tristemente nota per la censura facile: ogni contenuto che minacci “la sicurezza dello stato, danneggi la gloria della nazione, disturbi l’ordine sociale e violi altri diritti legittimi” è infatti severamente messo al bando.

Nessun segreto tra noi
Mentre l’Unione Europea ha in cantiere iniziative in materia di privacy e protezione dati, dagli Stati Uniti arriva fresco fresco il Ppm (Portable people meter): una macchinetta digitale da indossare tutto il giorno, che tiene traccia dei messaggi commerciali da cui siamo bombardati e delle fonti da cui provengono, e li incrocia con i codici a barre degli oggetti che compriamo. Tutti i dati vengono inviati a fine giornata ed elaborati da un cervellone centrale in una vera e propria mappatura elettronica che correla input del messaggio (televisione, Internet, telefoni cellulari, Playstation e ogni altra moderna tecnologia) alle nostre mosse d’acquisto. La Nielsen - società di ricerche di mercato e deus ex machina del progetto - prevede in un futuro prossimo l’integrazione del Ppm anche al sistema satellitare GPS e ad latri chip elettronici; il chè consentirebbe di sapere, per esempio, davanti a quale cartellone pubblicitario ci fermiamo o quale giornale acquistiamo in edicola. Il progetto, per ora in fase sperimentale su 6000 famiglie americane, potrebbe modificare il corso degli investimenti pubblicitari e, a catena, del business dei media. Oltre le apparenze
Qualche decennio fa popolavano film polizieschi e fantasie erotiche, oggi hanno fatto la loro comparsa sul mercato grazie ad un’azienda americana. I mitici e indiscreti occhialoni a raggi X (gli X reflect goggles) promettono per il momento risultati variabili: dal 50% all’1% di “risoluzione corporea”, a seconda del materiale attraverso cui i raggi vengono filtrati. C’è di più: attraverso una speciale telecamera, i dati possono essere inviati anche a televisori, videoregistratori e simili. Per la gioia di molti.

Ritorno al futuro
Internet? Il computer? Per niente: è la bicicletta l’invenzione numero uno degli ultimi due secoli, secodo un recente sondaggio della BBC. Le nuove tecnologie vengono travolte e superate alla lunga dalla vecchia due ruote, che stravince con un importante 59% (contro appena il 6% del computer, il 4% di Internet e l’1% delle comunicazioni via satellite). Le ragioni sembrano suggerire una voglia di semplicità e di valori “sostenibili”: la praticità del design, l’universalità dell’uso e il suo essere ecologicamente corretta.

Fidanzata virtuale
Si chiama Vivienne Rose, ed è una specie di versione sofisticata del tamagotchi. Invenzione della Artificial Life, società specializzata in software per telefonia mobile, Vivienne è in tutto e per tutto una fidanzata virtuale, da coccolare attraverso il cellulare. Lontana da qualsiasi sfumatura erotica, la relazione si sviluppa a seconda dell’attenzione e delle coccole che le dedicate. Presto sui mercati occidentali, Vivienne sarà disponibile previo pagamento di un canone mensile.

Robot ermafrodita
Chi avrebbe pensato che saremmo arrivati all’epoca in cui anche i robot si autoriproducono? Eppure la prospettiva non è più tanto lontana, secondo i ricercatori di robotica della Cornell University di Ithaca, New York. Il progetto, ancora in fase sperimentale, è quello di un robot composto da centinaia di migliaia di moduli identici: “cubi” in cui sta scritto il suo DNA, e in grado in pochi minuti di auto-replicarsi. Le applicazioni? Lo spazio, per esempio, dove un robot potrebbe auto-ripararsi “in remoto”.


(Pubblicato il: 28/11/2013)