The Human League - Dare!

Virgin, 1981

Immaginate di essere nel 1981. Oggi è il giorno della vostra visita settimanale nel vostro negozio di dischi di fiducia. Cominciate spulciare negli scaffali ricolmi di album in vinile. Ad un certo punto la vostra attenzione è catturata da una copertina bianca, raffinata, elegante e di classe. Il nome del gruppo campeggia in color blu, anzi solo una parte del nome campeggia in copertina. Il titolo è invece di color rosso ed è collocato sotto il nome della band. Siete sicuri che si tratti di un gruppo di più persone? La foto in copertina ritrae un solo volto. Le labbra sono rosse di rossetto, gli occhi sono truccati, un essere androgino vi guarda penetrando i vostri occhi. Non potete rimanere indifferenti. Se ancora non li conoscevate gli Human League sono entrati nella vostra vita.
Ecco cosa devono aver provato gli ignari ascoltatori nel 1981, quando si sono imbattuti in “Dare!”, terzo album degli elettronici Human League, ma primo lp che vedeva la dipartita di metà della band, approdata subito dopo sulla nave Heaven 17. Phil Oakey era rimasto, insieme ad Adrian Wright, al timone della Lega Umana e stava per diventare il numero uno in mezzo mondo. Gli Human League erano un gruppo di musica elettronica d’avanguardia, il primo ed il secondo album (“Reproduction” e “Travelogue”) erano in tutte le discoteche degli appassionati di musica al silicio. Gli Human League erano un gruppo serio, che prendeva seriamente la propria arte, un gruppo di intellettuali di Sheffield, la città dell’acciaio che avrebbe dato i natali ad altre band avant-garde di respiro internazionale. “Quando demmo vita alla band”, ricorda Phil, “Martin venne a casa mia con due dischi, un album dei Kraftwerk ed uno di Donna Summer. Gli Human League dovevamo essere la giusta miscela di questi due territori sonori, anche se nei primi due album i Kraftwerk ebbero la meglio su Donna Summer”. Con l’abbandono di Martyn Ware e Ian Craig-Marsh, Oakey si trovò ad essere l’indiscusso leader e decise che la musica elettronica degli Human League doveva arrivare alle masse. Il gruppo chiamò a raccolta altri musicisti, si rifece il look e decise che le copertine dei dischi non dovevano, come in passato, essere un ostacolo nei confronti degli ascoltatori, come nel primo lp, dove ballerini danzavano su un pavimento di neonati urlanti, o nel singolo “Empire State Human”, dove sotto la camicia di un uomo si celava un muro di mattoni impenetrabile, o nei manifesti, dove il nome Human League era di difficilissima lettura, confuso su sfondi altamente artistici ma assolutamente privi di comunicabilità istantanea. Il primo passo fu una nuova acconciatura, così bizzarra che molti ascoltatori chiedevano ai commessi dei negozi, il disco di quel gruppo con il cantante dal taglio di capelli stravagante. Il secondo passo fu la copertina del nuovo lp. Doveva essere minimale, di sicuro impatto e doveva imprimere nelle mente di tutti il nome della band. “Volevo una copertina stilosa, una di quelle cover che rimangono nella storia e sono ricordate come esempio di eleganza al servizio della comunicazione”, ha detto Phil recentemente. “Il nostro lp costava mezza sterlina in più rispetto a tutti gli altri perché la copertina apribile era stata plastificata. Il bianco di fondo doveva essere splendente in mezzo agli altri dischi. Credo che quell’anno “Dare!” fosse il disco con la copertina più bella e d’impatto”. A proposito delle foto utilizzate è curioso sapere che il gruppo si presentò, senza preavviso, nello studio fotografico del celebre Brian Aris, appena 24 ore prima della data decisa per la consegna della copertina.

Brian fu costretto ad interrompere una sessione con il famoso presentatore televisivo Noel Edmonds, che tra l’altro aveva condotto per svariati anni la trasmissione musicale “Top Of The Pop”. Noel rimase molto seccato dell’accaduto e gli Human League si divertirono assai di questa situazione. L’urgenza delle foto era una conseguenza al fatto che la copertina era praticamente già pronta, mancavano solo gli scatti fotografici, perché una clausola nel contratto discografico prevedeva che Oakey e Wright fossero gli unici e soli responsabili dell’aspetto grafico di tutte le pubblicazioni degli Human League. Oggi Oakey ammette che l’idea per la copertina di “Dare!” fu “rubata” dalle pagine di Vogue Germania. Oakey era infatti, per sua stessa ammissione, un patito di riviste di moda, soprattutto straniere, perché era alla continua ricerca di look diversi da “applicare” alla band. Anche il titolo fu “pizzicato” da un numero di Vogue Francia. C’era solo un dubbio, se mettere il punto esclamativo o no. Fu deciso per il punto esclamativo, ma nella versione dell’album su musicassetta sparì sia la foto di Oakey sia il punto esclamativo. “Il nostro nome ed il titolo dell’album si vedevano a miglia di distanza in mezzo ad un bianco candido”, afferma Oakey a proposito della scelta grafica per la musicassetta. La versione in vinile uscì, come detto, con una copertina apribile che riportava le foto dei vari componenti all’interno e sul retro. Solo alcuni Paesi, compresa l’Italia, decisero di pubblicare l’album stravolgendo la copertina. Infatti nella stampa italiana, tedesca e canadese appaiono sul fronte quattro foto, i due fondatori della band e le due cantanti, mentre sul retro furono relegati i restanti due musicisti. Infine, spero vi interessi sapere che in Inghilterra il 33 giri fu pubblicato anche in versione picture disc, molto ricercata dai collezionisti. Le versioni in questo formato sono due: la prima ha il bordo esterno del vinile di colore trasparente, la seconda ha il bordo esterno del vinile di colore nero. Insomma con “Dare!” siamo al cospetto di un album epocale, che ha portato la musica elettronica veramente alle masse e la sua copertina non poteva essere da meno. Cosa aspettate? Andate ad ascoltarlo, non posso credere che “Don’t You Want Me” manchi nella vostra collezione.


(Pubblicato il: 28/11/2013)