Fare musica sulla rete. Davvero?

GLI INCONTRI ORGANIZZATI DAL CENTRO MUSICA LA DISMA 2000<br>
Chiedersi cosa ci sia di vero, di reale, dietro agli entusiasmi per le infinite applicazioni di Internet può apparire patetico, in tempi nei quali si celebra il trionfo del virtuale. La stessa realtà può essere virtuale: quindi che senso può avere cercare solidità, consistenza dietro alle promesse della new economy? Ma, come spesso succede, dietro il paradosso si na-sconde un trucco linguistico: la stessa parola ("reale", o "virtuale") viene usata con signi-ficati diversi in diversi contesti, ma facendo finta che voglia dire sempre la stessa cosa. È il caso - per fare un esempio attinente - del "tramonto delle ideologie". Tutti sappiamo che con questa espressione si intende l'indebolimento, la perdita di potere reale, di alcuni si-stemi di valori che sono stati importanti nel Ventesimo secolo; in altri termini, la caduta del comunismo. Ma il termine "ideologia", in sé, non è mai tramontato, e significa appun-to un sistema di valori gerarchicamente ordinato (qual è il valore più importante: la soli-darietà? l'uguaglianza? la proprietà? il merito? l'appartenenza a una razza, a una casta?). Del resto l'ideologia del neocapitalismo liberista è - in questo periodo - trionfante, e il suo trionfo è quanto mai ideologico in senso tecnico (non solo per come il termine fu definito in origine, ma per come è stato rielaborato in tempi molto più recenti dagli studi semiotici) proprio perché avviene negando la sua stessa natura. Insomma - come la storia degli ultimi due secoli conferma - l'ideologia è "quello che, sbagliando, pensano gli altri": il sistema di valori che trionfa non è ideologia, è la realtà. Così la new economy, che è ideologica per vocazione, si contrappone al "tramonto delle ideologie", e si presenta come la nuova realtà del "mercato globalizzato". Non importa che funzioni solo sulla base di idee, e che i suoi strumenti principali siano i monumentali e ramificati alberi di categorie dei motori di ricerca, rispetto ai quali Aristotele e Kant rischiano di apparire degli svagati collezioni-sti dilettanti. Chi aveva l'età della ragione nel 1984, l'anno del primo boom del personal computer, ricorderà l'affermazione - condivisa a furor di media - che "chi non conosce il BASIC fra qualche anno non troverà più lavoro".

Che predizione formidabile! Forse fra meno di sedici anni (probabilmente fra meno di sedici mesi) guarderemo con paragonabi-le compatimento i bilanci delle cosiddette start-up della new economy, società che presen-tano ai propri finanziatori piani di sviluppo secondo i quali entro il primo anno avranno il monopolio mondiale del proprio settore, come se nel mondo non ci fossero nello stesso istante altre mille società che stanno presentando lo stesso progetto. Ma ora, nel momento in cui stiamo discutendone, l'entusiasmo è forte: si quotano in borsa società di distribuzione di prodotti informatici (computer, stampanti, accessori), con mar-gini lordi a una cifra (come un grossista di lavatrici), e le loro azioni vanno a ruba. Quindi questo è forse il momento più difficile per cercare di intravvedere che sviluppi por-terà la rete in un'attività fortemente ideologica come quella musicale, dove i sistemi di va-lori sono fortissimi sia per mantenere vive le tradizioni (quelle popolari o colte, ma anche - per fare un esempio - quella dello heavy metal), che per contrastarle e abbatterle (il va-lore del "non saper suonare" nel punk, il valore della parola come testimonianza nel rap, il valore dell'autenticità nel rock, della sincerità nella canzone d'autore, e via ideologiz-zando). A vantare le meraviglie di Internet si rischia di unirsi al coro dei venditori, a de-nigrarle si rischia di non cogliere una "trasformazione epocale". Un bel guaio. L'unica possibilità è quella di armarsi di pazienza, e di cercare di separare il grano dal loglio (che è un'erbaccia: non "dall'olio", come è apparso in un articolo recente su un quotidiano, nel quale si sosteneva l'importanza per i giovani di conoscere bene la propria lingua, appunto per saper fare le giuste distinzioni nella vita. Errore del giornalista? Del correttore di boz-ze? Del correttore automatico di Microsoft Word?). È difficile pensare che, quando la banda disponibile sarà sufficiente, Internet non implichi sedute di registrazione in rete, spostando i bit della musica e non gli atomi dei musicisti come vuole Nicholas Negroponte del MIT; è quello che ci promettono già ora applicazioni dimostrabili dei maggiori produttori di software musicale. Ma sarebbe utile ricordarsi che uno degli impieghi della rete che ne hanno determinato il grandissimo successo, la posta elettronica, avviene con un substrato tecnologico minimo, e che addirittura ha comportato (con grande piacere degli interessati) un recupero di abitudini ormai quasi tramontate, queste sì, come quella del mantenimento della corrispondenza personale. Allora forse, per capire come i musicisti useranno Internet, e quali incredibili cambiamenti avverranno nel-le loro pratiche, si dovrebbe avere anche il coraggio di guardare indietro, non solo verso un futuro fantascientifico. Senza dimenticare che la migliore fantascienza è proprio quella che sa rivolgersi al passato, e rielaborarlo. Schubert - dice la leggenda - annotava le me-lodie dei suoi Lieder sulle tovaglie dei caffè; Lennon e McCartney se le palleggiavano sul sedile di un pulmino. Coraggio, softwaristi, dateci dei sistemi altrettanto leggeri, facili e produttivi.


(Pubblicato il: 28/11/2013)