Progettare gli eventi

Progettare gli eventi. Intrecciare gli spazi. I percorsi dell'impresa culturale pubblica e privata
“Una città può passare attraverso catastrofi e medioevi, vedere stirpi diverse succedersi nelle sue case, veder cambiare le sue case pietra per pietra, ma deve, al momento giusto, sotto forme diverse, ritrovare i suoi dei”. Lo scriveva Italo Calvino. Lentamente ma con una progressione sicura le città italiane hanno cominciato a ritrovare i loro dei: sono trascorsi circa 25 anni dalle prime sperimentazioni dell’”Estate Romana” voluta da Renato Nicolini, allora Assessore alla Cultura del Comune di Roma. Nicolini, non a caso architetto, ripropose nei luoghi della capitale quello che aveva visto nel mondo, la riutilizzazione degli spazi pubblici, dei siti storici come sede di spettacolo e d’arte, di vario genere (musica, teatro, cinema). La musica, la “divinità” più pervadente, è stata la protagonista principale di questa riappropriazione degli spazi: nella perenne carenza di spazi multifunzionali o costruiti appositamente per la musica, è la musica che si è diffusa ovunque. In totale controtendenza rispetto alla crisi del commercio musicale, il consumo dei suoni avviene ormai dappertutto: nei negozi multimediali (vedi punti vendita La Feltrinelli, FNAC) dove la presenza di musicisti dal vivo serve a presentare dischi o libri, a sonorizzare incontri con artisti, nei piccoli concerti sui tram, sulle carrozze della metropolitana, nelle stazioni e nei porti, nei centri commerciali (a Milano, in un punto vendita Coop, c’è stata una piccola rassegna di musica jazz cui hanno partecipato eccellenti musicisti), per arrivare sino al grande progetto de “La Notte Bianca” (Roma, 27 settembre 2003) con il “Concerto per Fellini” di Nicola Piovani in Piazza del Campidoglio, oppure il DJ Set nell’atrio della Stazione Termini, il Concerto Sinfonico all’Alba alla Terrazza del Gianicolo e la Jazz Session all’alba alla Terrazza del Pincio. Sono esempi recenti, che testimoniano quanto la musica abbia riempito gli spazi, con finalità che vanno molto oltre l’ascolto e sottolineano quanto la musica possa contribuire a dare giusto rilievo a temi sociali, possa lanciare segnali di fiducia e ottimismo, rilanciare il turismo, riqualificare gli spazi e aprirne di nuovi, attraverso appuntamenti dedicati alla bellezza, all’inedito e inaspettato, all’incontro con opere contemporanee originali, spesso concepite (improvvisate) appositamente per l’occasione, inscritte nel cuore di uno spazio pubblico (o privato). Un esperto, l’architetto Renzo Piano, ha più volte affermato che “lavorare in Italia è la sfida più difficile”, e tutti possono intendere il perché (burocrazia, leggi e regolamenti antiquati, veti incrociati), ma è anche vero che l’Italia, per la sua lunga storia, è piena di spazi affascinanti dov’è ancora possibile inventare qualcosa, facendo interagire le arti. Nei pressi di Terni, nel sito archeologico di Carsulae, il pianista americano Uri Caine col suo Trio e Giorgio Gaslini col suo Quintetto si sono uniti all’artista Arnaldo Pomodoro e all’attore Marco Paolini per realizzare un progetto multidisciplinare, “U:Ulisse”, azione musicale e teatrale abbracciata dalla scenografia di Pomodoro, dal tramonto a notte. A Orvieto c’è “Freedansorvieto the zip sessions”, un festival internazionale d’improvvisazione giunto alla quinta ed., progetto d’arte e cultura sulla Contact Improvisation, che si svolge nei palazzi nobili della città e impegna danzatori e musicisti. Senza arrivare ai megaprogetti degli artisti d’avanguardia americani, che sin dagli anni Sessanta pensavano di sonorizzare ambienti molto vasti con le loro performance, è soprattutto nelle piccole-medie dimensioni che si può incontrare il successo, il coinvolgimento e l’apprezzamento del pubblico: negli spazi museali (vedi i concerti collegati alle mostre al Poldi-Pezzoli, al Museo Diocesano di Milano), negli spazi “chiusi” che si aprono verso l’esterno (carceri, case di riposo e di cura), nelle scuole, nei luoghi cittadini più frequentati, nei bar, nei pub, tutti spazi che non sempre possono permettersi stabilmente un event manager, ma che sono sempre più disposti a interagire con l’arte/le arti dal vivo, qualora se ne presenti l’occasione.


(Pubblicato il: 28/11/2013)