Soundtrack - marzo 2007

Puntata ristretta dedicata ai grandi artisti-compositori in tre generi completamente differenti: Herbie Hancock per il funky-jazz, Neil Young per il rumore e RZA per l’hardocore-rap.

DEAD MAN
Neil Young
Vapor Records – 1996
Personalmente penso che questa sia una delle migliori Colonne Sonore di tutti i tempi. 13 tracce “untitled”, nessuna “song”, nessun “theme”, nessun cantato. Il tutto intrecciato con pezzi dello script di Jarmusch e dalle poesie di William Blake (il poeta.. non il personaggio interpretato da Depp..) citate da Nobody (Nessuno) e da Johnny Depp. Questo Soundrack rimanda, più di tutti gli altri recensiti sin d’ora, alle atmosfere del film: surreali, immaginifiche, psichedeliche, oniriche. Jim aveva appena finito di realizzare il terzo episodio di Coffee and Sigarettes (quello con Waits & Iggy: che recita anche in Dead Man) e si stava staccando dall’avere sempre Waits e John Lurie nella composizione delle colonne sonore. Neil aveva appena finito “Mirror Ball”, stava cominciando “Broken Arrow” con Crazy Horse che lo avrebbe portato a “Year Of The Horse” (sempre con Crazy Horse) e poi nel tour che sarebbe stato documentato dallo stesso Jim Jarmusch.. Insomma tutto coincide, tutti in fase mistica, tutti legati ai Nativi Americani: non ne può che nascere un capolavoro del cinema d’autore con un sound che lo trascina sempre più nell’immaginario dei sensi ritrovati, dello spaesamento dei valori, del ritorno alla misticità della natura e del poetico. Neil Young si cimenta davanti allo schermo con chitarra in acustico ed elettrico, il piano e il pump organ: suonati singolarmente, un solo strumento in “solo”. Nel disco si intrasente un soletto ricorrente, il resto sono suoni, rumori, distorsioni, ambient di pump organ e silenzi. Si possono incontrare le atmosfere molto penetranti, di pace onirica ma anche di disturbo e dispersione: Young è stato veramente molotomoltomoltomolto bravo.. (sono commosso!). La mia personalissima opinione lo pone in cima alle Colonne Sonore, rimane un disco molto difficile, sicuramente piacevole “alle mentalità aperte” (badate che non stiamo parlando di John Cage.. ma di Neil Young), lo consiglio a tutti coloro che hanno il coraggio di intraprendere un percorso spirituale ruvido, crudo e per finire: sonoro. BLOW-UP
Herbie Hancock

Rhino movie Music – 1966
“Blow-up” Film d’autore ma non solo, questo capolavoro partorito nell’epoca che vedeva la musica tra i principali mezzi di espressione/ribellione (assieme agli organi genitali e allo “zucchero in zolletta”) è sicuramente un delle colonne sonore meglio riuscite del suo tempo (… e non solo). Herbie è al picco dell’evoluzione, da tre anni suona nel fabulous quintetto di Miles Davis e fra due anni lo lascierà. Non mangia più caramelle zuccherate ma non gli crescono ancora i basettoni. Sono gli anni di Maiden Voyage, Cantaloupe Island e Speak like a Child, gli anni in cui il suo genio di 26enne lo porta a sfornare i nuovi standard (e dici poco…). Come catalogare questo disco? E chilllosà? Jazz-beat-fusion-60’s? Fate un po’ voi, direi che in linea di massima sia molto jazz (d'altronde.. Herbie Hancock al piano.. Phil Woods sax alto.. Ron Carter al basso.. Jack DeJohnette alla batteria.. ecc..), anche se il nostro Herbie sappiamo bene che ha spaziato un po’ su tutto. Traccia 01 “Blow Up”: si parte con dello spinterogeno al funky del più genuino con chitarre graffiate nella maniera giusta che di punto in bianco lasciano spazio al sax alto accompagnato da un piano alla “cantaloupe island”. “Verushka” (la biondona della locandina, Traccia 2 e 3) ci porta in due tracce di sexy-soft-fusion al limite tra il cinema erotico da tendine rosa frappose e la pelle nera di Betty Page, atmosfera che si può trovare anche in “Jane’s Theme” . Per assaggiare un po’ jazz “psichedelico” alla Coltrane bisogna immergersi nella “Naked Camera” (Traccia 4) dove l’atmosfera si fa un po’ contorta e srotolata, quasi liberatoria ma molto annodata. Interessante e funkeggiante l’intro della 5 “Bring Down The Birds” reso famoso dai Dee-Lite che ne hanno fatto la colonna portante del supersingolazzo “Groove Is In the Heart”. Ottimo ritmo che lancia al ballo nella traccia 8 e 11 “The Thief” e “Thomas Studies Photos” in cui si può immaginare la frenesia e il menefreghismo del protagonista di fronte al bello, alla possessione e al feticismo. Fantastica anche gli End Title che riprendono gli open in maniera molto più frenetica. Presenti nell’album anche gli Yardbirds (pure nel film) con “Stroll On” uno dei rari pezzi in cui troviamo sia Jeff Beck che Page alla chitarra, e i Tomorrow con “Am I Glad To See You”. Consiglio questo disco a tutti quelli che hanno amato il film perché ne conserva bene la sostanza: come un vasetto duro di marmellata, ma anche a tutti gli amanti del jazz-fusion, nonché del beat spensierato... e sicuramente a tutti i feticisti di ogni tipo. AFRO SAMURAI
RZA

Koch Records 2007
Bobby Digital, Pince Dynamite, The scientist.. chiamatolo come volete ma RZA rimane uno dei più geniali compositori Rap (no hip-hop… massimo hardcore rap) dei giorni odierni. “Guerriero” dei Wu-Tang Clan e loro leader assieme GZA (The Genius), The Scientist non è nuovo alle colonne sonore (sempre legate a qualcosa di samuraiesco), la sua vita cinecompositiva comincia infatti nel 1999 con il film di Jim Jarmusch Ghost Dog: The Way Of The Samurai, lavora poi ai Kill Bill di Tarantino e al capitolo finale di Blade: Trinity. Afro Samurai è il primo cartoon di Fuminori Kizaki, una mini-serie uscita in USA quest’anno che vede fra i doppiatori Samuel L. Jackson (Afro Samurai) e Ron Perlman (Justice). La storia è abbastanza semplice, il papà di Afro Samurai era il N°1, allora il cattivo N°2 Justice per diventare lui il N°1 secca il papà di Afro Samurai… brutta mossa: ora Afro Samurai ucciderà il nuovo N°1 per vendicare suo padre e diventare esso stesso il nuovissimo N°1… hem.. ok? Questa semplice storia raccontata in cartoon quasi in bianco e nero, dai disegni taglienti, ambientata in uno pseudo-futuro-feudale-giapponese, è accompagna da una colonna sonora veramente incredibile. RZA come sempre dà il meglio di se e sforna delle basi veramente intense su cui far scorrere chilometri di lame, litri di sangue e centinaia di rime. I pezzi sono 25 e tutti relativamente brevi e intramezzati da speak originali sulle base dello scienziato, regalano tutti il miglior hardcore rap che può sfoggiare un RZA in grande forma, da sottolineare la traccia 01 “Afro Theme”, la 04 “Afro’s Father Fight” che rimanda a tutte le influenze che i telefilm anni ’70 sulla TV nippo-americana ha avuto su Bobby Digital. Fantastica la 09 “Who Is Tha Man” e la 11 “Cameo Afro” che rimanda un poco alla Old School del Wu-Tang Clan. Un disco che trasuda passione per le spade, per il sangue e per la nippomania! Ottimo da ascoltare con un impianto stereo da migliaia di euro con finestrini abbassati e meccaniche idrauliche da saltellamento auto.


(Pubblicato il: 28/11/2013)