L'intervista - Frederik Stucki

Segretario Generale dell’Associazione Europea delle Radio (AER), che rappresenta circa 45,000 radio private e commerciali in Europa
Elena: Frederik, come vedi il ruolo della radio oggi?
Frederik: La radio è spesso trattata come una mucca da mungere, soprattutto da parte delle grandi case discografiche, invece che come partner importantissimo per promuovere la musica. Mi sembra che ci si dimentichi facilmente che la radio è ed è stata in passato il mezzo di comunicazione più democratico e divulgativo: la radio è accessibile a tutti, a costi quasi zero. La radio non ha il bisogno urgente di passare dall’analogico al digitale, perchè è già presente ovunque. Per questo, è il mezzo ideale per promuovere contenuti. Gli artisti indipendenti sono i soli ad avere veramente coscienza del potenziale della radio come partner essenziale per promuovere la loro musica. Invece, le discussioni (anche politiche) oggi sono spesso focalizzate sulle nuove tecnologie e dimenticano che il carattere democratico della radio è un bene pubblico da difendere.

Elena: Bene pubblico, ma AER rappresenta le radio private e commerciali...
Frederik: E’ vero, ci sono differenze, ma c’è anche una grande somiglianza: anche le radio private hanno, o possono avere, un approccio editoriale al contenuto, invece che di mercato. Altri attori invece – tra cui le società di telecomunicazione – hanno spesso solo una visione di mercato, perchè generalmente usano i contenuti, ma non sono coinvolti nella loro produzione e promozione. Bisogna stare attenti che questo non diventi l’approccio dominante, o peggio l’unico approccio. Mi ripeto: bisogna difendere la radio come bene pubblico.

Elena: E cosa può fare la radio stessa per difendersi e promuovere il proprio ruolo?
Frederik: Deve uscire allo scoperto, incontrare il pubblico, aprirsi allo scambio con artisti, con la creazione anche a livello locale, regionale. Deve prendere spunto dalla musica dal vivo, che sta vivendo un bel periodo perchè facilita il contatto diretto tra artista e pubblico. Chi ascolta e promuove musica non vuole solo usare l’iPod o il computer, vuole ritornare al contatto con chi la produce.

Elena: La Commissione Europea sta avanzando proposte per armonizzare la lagislazione sui diritti d’autore e creare un “one-stop-shop” a cui faccia riferimento chiunque voglia acquistare musica per poi riproporla. Come vedi questo approccio?
Frederik: E’ pericoloso. Si vuole creare un sistema globale in assenza di soluzioni globali. La creazione di un unico “contenitore” europeo per la collezionare e gestire i diritti d’autore porterebbe all’assoluta predominanza delle grandi discografiche, a cui già appartengono i diritti nei vari paesi dell’unione. Per rimanere nella legalità, i distributori di musica (radio, internet ecc.) farebbero riferimento solo alle grandi labels, con esclusione degli artisti indipendenti. Alla fine, ci sarebbe meno scelta per tutti: artisti, distributori, consumatori. Elena: Hai in mente un modello alternativo?
Frederik: Credo che la soluzione più pratica al momento rimanga quella delle società nazionali di diritti d’autore, a cui tutti gli artisti dovrebbero aderire. Fa poi parte dei compiti delle società di stabilire accordi reciproci con altri paesi, almeno con i territori in cui c’è uno scambio maggiore, fuori e dentro l’Europa. Naturalmente, le società di diritti d’autore devono garantire trasparenza nel modo in cui diritti e proventi vengono gestiti e distribuiti agli autori. Ma questo è un altro capitolo...

Elena: Sempre in tema di diritti d’autore, cosa ne pensi della recente proposta della Commissione Europea di alzare la copertura per gli esecutori di musica da 50 a 95 anni?
Frederik: Sono d’accordissimo sul proteggere il lavoro degli artisti, sia di chi crea musica che di chi la esegue, pero’ ho seri dubbi sull’idea di proteggere le generazioni successive. Ritorno all’idea di bene pubblico: credo che dopo un certo periodo – ragionevole – di tempo, la musica debba diventare patrimonio comune. E poi bisogna esser coerenti: perchè la nipote di un famoso musicista dovrebbe poter vivere sui diritti d’autore di suo nonno, mentre la nipote di un famoso architetto – le cui opere sono presenti e visibili – deve lavorare come cassiera al supermercato per guadagnarsi il pane?

Elena: Progetti per il futuro?
Frederik: In Svizzera, dove risiedo e lavoro per l’Associazione Nazionale delle Radio Private, abbiamo pensato di festeggiare il 25° compleanno delle radio private con un progetto concreto. L’idea è quella di una piattaforma online, in cui artisti, musicisti, editors, managers, operatori musicali possano scambiare idee, caricare e scaricare pezzi, stabilire relazioni. La novità è che la piattaforma viene gestita direttamente dagli operatori radiofonici, e gli artisti hanno accesso direttamente, senza passare per le case discografiche.

Elena: I tempi per il progetto?
Frederik: Il lancio è previsto a settembre di quest’anno, e l’idea è che diventi un progetto permanente. Abbiamo in testa un nome, “Swiss Music Network”, ma non è ancora di battesimo...Tornando alla mia idea iniziale sul ruolo della radio: l’idea è proprio quella di rinforzare il legame tra la radio, i musicisti, e chi promuove musica a tutto tondo, attraverso un ruolo più attivo e diretto della radio. Se la radio vuole fare la differenza, deve andare al cuore di chi crea e ascolta musica a livello locale. Tutti hanno ormai accesso alla BBC e a altre stazioni internazionali. Spesso il contatto che manca è proprio quello legato al territorio in cui si vive. Questo progetto si rivolge proprio alla diversità territoriale e culturale come forza della radio, indipendentemente dal genere musicale proposto. Una radio in cui tutti si riconoscano, e in cui gli artisti che hanno vita dura a promuovere la propria musica possano davvero vedere un partner, un alleato.


(Pubblicato il: 28/11/2013)