Black Sabbath

Vertigo - 1970

Era il 1970, pochi anni e si sarebbe entrati in un periodo di austerity. I Black Sabbath stavano per debuttare con il primo omonimo album. Un disco epocale, come è capitato per tante opere prime che hanno indicato la via da percorrere alle “generazioni” future. Non bisogna mai scindere, infatti, la pubblicazione di un disco dal suo periodo storico. E non bisogna farlo a maggior ragione con “Black Sabbath”. Provate ad immaginare (con la fantasia si può tutto) di essere nel ’70 e di avere in mano la copertina di questo 33 giri. Shock! Paura! Terrore! Poi decidete di mettere la puntina del vostro giradischi sul primo solco e venite travolti e schiacciati dal primo omonimo brano. Questo album fu registrato in appena due giorni presso i Regent Sound Studios di Londra ed il lavoro di incisione costò 600 sterline, considerando che il disco è attualmente in catalogo e vende ancora tante copie ogni anno, è stato decisamente un buon investimento. Fin dalle prime battute, un temporale ed una campana che risuona in lontananza, “Black Sabbath” diede all’hard rock una svolta epocale. Il gruppo diventò l’immagine dell’Anticristo un quarto di secolo prima di Marilyn Manson, una fusione terrorifica di Aleister Crowley (considerato il fondatore del moderno occultismo) e Charlie Cairoli (famosissimo clown dai natali milanesi, che imperversò per oltre vent’anni sulla televisione inglese). La copertina dell’album non fu da meno. Ritrae una donna dall’età indefinita avvolta in un pesante mantello, si intuisce dalla vegetazione attorno a lei che siamo in inverno, il laghetto vicino al quale è stata fotografata dà a tutta l’immagine un aspetto sinistro, come sinistro è l’edificio dietro alla donna. Per anni in molti si sono chiesti chi fosse costei. Una strega? Un fantasma? Il male? E soprattutto perché si trovava in quel luogo. Era forse in pericolo o più semplicemente voleva accogliere i viandanti tra le mura di una casa spettrale. Tra l’altro se volete visitare questo luogo dovete recarvi nello Oxforshire (Inghilterra), più precisamente a River Thames e chiedere di Mapledurham Watermill. Ancora oggi la copertina di “Black Sabbath” rimane un mistero anche per i quattro Sabbath ed ha influenzato la grafica di centinaia di dischi metal usciti negli anni successivi. Infatti perfino Osbourne e Company non conobbero chi fece la fotografia e chi curò la grafica del disco, accreditata ad un anonimo Keef. “I primi anni di carriera furono così intensi che mi meravigliai di poter avere due giorni liberi per registrare il nostro primo album, figuriamoci se ci ponemmo il problema di chi doveva realizzare la copertina”, dice oggi Tomy Iommi, proseguendo: “eravamo così eccitati che furono due giorni indimenticabili”. “Registrammo l’album in 48 ore, poi fummo imbarcati su un traghetto per alcuni concerti in Europa. Non avemmo tempo per pensare alla copertina”, ricorda il bassista Geezer Butler. “Non ci interessammo della sleeve ed ancora oggi non ho la minima idea di come fu realizzata e pensata”, racconta con enfasi Ozzy Osbourne. La data di pubblicazione non fu casuale. La Vertigo decise di distribuire il disco il 13 febbraio 1970, data che ben si legava all’immagine di una croce capovolta presente all’interno della copertina che era, nell’edizione originale, apribile. Impaginato dentro la croce un poema che raccontava di conigli morti, nebbia sensuale e svenimenti. “Quando vidi la copertina ne rimasi scioccato”, dice Butler, “ma era troppo tardi per poter cambiare qualsiasi cosa”.

La Vertigo cercò di ingarbugliare la situazione elargendo qualche indizio insieme alle note stampa del disco. “La ragazza del lago è in attesa. Pensa di essersi nascosta ed abbozza un sorriso al rintocco della campana”. Questo ultimo indizio faceva riferimento all’inizio dell’album che entrò direttamente al numero 13 della classifica inglese. Anche se i quattro Sabbath rimasero sconvolti alla vista della copertina e del suo interno, non si può certo biasimare il grafico Keef che riuscì a calarsi perfettamente nel suono tetro e diabolico della band, rivestendo con una copertina semplicemente perfetta il debutto dei Black Sabbath, che tra l’altro con un nome così non potevano certo passare per degli angioletti. La leggenda narra infatti che il nome fu scelto dopo aver visto file interminabili davanti ai cinema di Birminghan che proiettavano film horror. I quattro musicisti pensarono che se la gente spendeva i suoi soldi per queste schifezze ed era disposta a rimanere per ore in fila, il gruppo poteva avere un nome terrificante e fare un sacco di soldi. I Sabbath, che non erano degli stupidi, capirono che l’alone di mistero misto a occultismo che si erano appiccicati addosso funzionava alla perfezione. Il pubblico sbavava ad ogni loro dichiarazione. Con il secondo album, “Paranoid”, gettarono i germi per il futuro del rock, tra gli artisti influenzati Metallica e Nirvana. La copertina del 33 giri fu realizzata pensando ad un altro titolo. Infatti l’album doveva intitolarsi “War Pigs” ed alcuni sostengono che fu accantonato per evitare eventuali problemi con la guerra in Vietman, altri sostengono invece che finita la registrazione dell’album, in anticipo rispetto ai tempi previsti, i Sabbath decisero di rimanere in studio e scrissero in cinque minuti “Paranoid” (che sarebbe diventata la loro canzone più famosa), intuendo subito di avere per le mani un potenziale hit. Decisero così di intitolare l’album “Paranoid”. Qualunque sia la verità, la copertina del disco continuò a raggelare il sangue degli ascoltatori. Se non ve la ricordate andate a scovarla sul Web. “Black Sabbath” a 39 anni dalla sua pubblicazione rimane una copertina avvolta nel mistero ed ancora oggi emana una luce sinistra. Una strega? Un fantasma? Blair Witch?


(Pubblicato il: 28/11/2013)