Intervista - La musica puo' essere ancora diversa?

Intervista a Pia Raug, cantautrice e sostenitrice dei diritti d’autore
Ho visto Pia Raug per la prima volta l’anno scorso, a una conferenza internazionale a Bruxelles intitolata “Creative rights and cultural diversity”. Lei ha dato il benvenuto a tutti cantando una bellissima canzone (di Joni Mitchell, se non ricordo male) senza nessun accompagnamento musicale. Perché Pia é innanzi tutto, come si definisce lei, una “cantautrice e una persona che lotta per i diritti degli autori”. Poi, ha anche un curriculum lunghissimo che include, tra le altre, cariche come quella di Presidente dell’International Council of Authors and Composers of Music (CIAM) e di dirigente della Djbfa, l’associazione danese che rappresenta gli autori di musica jazz, beat e folk. L’ho voluta intervistare nei giorni scorsi, perché quello della creatività e della diversità culturale nella musica é un soggetto costantemente dibattuto e, secondo Pia, più che mai minacciato. Elena: Pia, qual é lo stato della creatività musicale in Europa?
Pia: Mi preoccupa molto quello che sta succedendo alla musica e alla creatività musicale, e all’impatto su artisti, compositori e pubblico. E’ una preoccupazione generale, che tocca in modo profondo il nocciolo della democrazia: se lasciamo che siano solo le forze del mercato a dettare le regole, sarà molto difficile promuovere dei messaggi utili alla creatività musicale. Se non difendiamo la diversità culturale che abbiamo in Europa da un modello omogeneo – quello americano – di fare business, rischiamo veramente di perdere un grande patrimonio e un grande potenziale. Alcuni rappresentanti politici in Europa (soprattutto all’interno del Parlamento europeo) l’hanno capito, e sono preoccupati quanto me, anche se spesso non dispongono di mezzi legislativi “forti” per contrastare quello che succede. Spero che questo messaggio passi forte e chiaro alla prossima Conferenza Europea sulla Diversità Culturale, in programma a Bruxelles il 18 ottobre.

Elena: E’ una battaglia tra Vecchio e Nuovo continente, allora?
Pia: No, non bisogna generalizzare. Anche molti nostri “colleghi” americani si sentono minacciati dall’omologazione. E’ un problema generale: la musica non puo’ essere ridotta a convenzione.

Elena: In che cosa soprattutto riconosci l’omologazione?
Pia: Ci sono solo tre grandi case discografiche nel mondo, che controllano l’accesso sia ai contenuti che al pubblico. L’Europa ha bisogno delle proprie differenze, della propria complessità, non si puo’ appiattire cosi’. Ma come alimentare queste differenze se si sottraggono agli artisti le entrate del proprio lavoro? Perché in un mondo in cui tutto ha un prezzo la creatività musicale non dovrebbe averne? Per esempio, se la gestione della musica online viene lasciata in mano solo a poche società che si fanno concorrenza sui prezzi, cosa rimarrà alla fine? E intendo, anche per loro, dopo che si saranno stremate in questa corsa al ribasso...Potranno solo chiudere i battenti, oppure cercare altre fonti di guadagno. Credo che questa sia una politica molto miope, per tutti. Elena: Credi ci sia una responsabilità dei media nell’appiattire gusti e differenze?
Pia: Si’, senza dubbio. La maggior parte dei media danno un’idea sbagliata del settore musicale. Fanno credere al pubblico che tutti quelli che stanno nel music business siano ricchi e pieni di successo. La verità é che il 99% di chi fa musica non ne ricava abbastanza per vivere. Perché nell’era digitale la musica dovrebbe essere gratis? Questo va anche contro le politiche pubbliche educative: dove vanno a finire i soldi stanziati per l’educazione musicale se poi, una volta che uno c’ha preso gusto, non ha nessuna opportunità per vivere della propria musica?

Elena: Come vedi il futuro diritti d’autore alla luce di tutto questo?
Pia: Sono stata tra i dirigenti della società danese degli autori ed editori per quasi vent’anni. Credo questo sia un periodo molto difficile, e molto triste, per chi crea musica in Europa. Il concetto di diritto d’autore é uno dei concetti chiave della cultura europea; é li’ da più di 200 anni, ed é basato su un meccanismo di solidarietà e fiducia tra “piccoli” e “grandi” artisti. Questo meccanismo rischia di scomparire, soprattutto sotto la pressione dei nuovi modelli imposti dai grandi gruppi di intrattenimento americani, e dall’alibi di ritrovati tecnologici che sostituirebbero il diritto d’autore. E’ vero che il sistema si deve adattare agli sviluppi delle nuove tecnologie, ma questo é già successo negli ultimi 200 anni, perché non potrebbe succedere anche ora? La musica é uno dei beni più ricercati e desiderati. Dobbiamo fare in modo che rimanga sempre cosi’, e che chi la vuole creare abbia la concreta possibilità di farlo.


(Pubblicato il: 28/11/2013)