Soundtrack - novembre 2007

THE SCIENCE OF SLEEP
JEAN-MICHEL BERNARD
Astralwerks 2006

Jean-Michel Bernard nasce nel 61. Suona il piano dal 63. Tra i maestri con cui ha collaborato possiamo citarne uno: Ennio Morricone. Tra gli artisti per cui ha suonato possiamo citarne uno solo: Ray Charles. Compositore e arrangiatore da sempre: viene iniziato alle colonne sonore nel 2000 componendo una traccia per “Human Nature”. “The Science of Sleep” è il suo primo soundtrack completo: 26 tracce per una cinquantina di minuti. Splendido. D’altra parte Bernard e Gondry hanno lo stesso metodo compositivo: se infatti Michel Gondry utilizza l’arte povera per costruire set incredibili, e tecniche “primitive” come la stop-motion per creare scene spettacolari, Bernard riesce a fare la stessa cosa con la musica, ossia utilizza pochi elementi per comporre tracce apparentemente semplici ma che in realtà sono sorprendentemente profonde e complesse. In generale l’atmosfera che si respira è quella malinconica del ricordo, dell’onirico, con sprazzi di confusione. Comunque basta ascoltare “Generique Debut” (traccia 2) per capire cosa significa suonare in una testa che dorme, con speech incluso che ti descrive il sogno! Per capire cosa vuol dire suonare dentro un incubo invece dobbiamo andare tre tracce più avanti con “Rêve Grosses Mains” dove un gruppo punk ubriaco viene accostato ad un quartetto da camera. Se può esistere un tema principale in questo lavoro questo è rappresentato da “My Dear Neighbours” (traccia 12) solo un minutino ma molto ricorrente nel film. Super anche le tracce extra-bernard: due pezzi dei the Willowz (Ulcer Soul: 8, Making Certain: 21) e le due “If You Rescue Me” (15 e 16) che non è altro che la reinterpretazione di “After Hours” dei Velvet Undergroud. Disco perfetto per l’autunno, disco perfetto per la pioggia, disco perfetto per il riordino della camera… INTO THE WILD
EDDIE VEDDER
J Records 2007

Il primo Album solista di Eddie Vedder esce come colonna sonora per l’ultimo lavoro cinematografico di Sean Penn e vende nella prima settimana 39.000 copie negli States. Sono 11 tracce per poco più di mezzora tutti bei pezzi, che non si distolgono molto dalle sonorità dei Pearl Jam unplugged, ma che risentono altresì di una composizione più da Solo (appunto) che da band, in ogni caso è la conferma di quanto contribuisca Vedder nelle Perle. Un disco senza ombra di dubbio da viaggio into the wild degli States, poco malinconico e molto folk grazie all’uso del banjo chiamato nella traccia 4 “Rise” come unico elemento a sostenere la voce di Vedder, forse la traccia più rappresentativa del disco assieme a “Toulumne” (traccia 6) di un minuto preciso: il viaggio. Niente male anche la 10 “End of the Road” che preannuncia il pezzo finale del disco. Tutto sommato un bel lavoro, perfetto per la strada, per l’asfalto e per chi non ama pensare solo ad una linea continua mentre guida. THE VIRGIN SUICIDES
AIR
Virgin 2000

Premetto che non farò il solito paragone Air/Pink Floyd che mi sembra ormai iper-tera-consumato. Sofia Coppola ha ambientato il film negli anni ’70, doveva scegliere un gruppo che potesse fare un tipo musica avvicinabile a quel periodo, con un suono più pulito e vicino alla nostra epoca, ma nel quale fosse chiarissima l’influenza quasi maniacale da feticcio (tipico cool francese contemporaneo) dell’epoca boom del vinile dal basso felpato. 13 tracce per un totale di 40 minuti e poco più. Solo un pezzo cantato: “Playground Love” (traccia 1 cantata da Thomas Mars dei Phoenix) di cui Sofia sarà la regista del video da imboccare ai teenager. Le altre 12 tracce si susseguono in modo fluido tra visioni al sint in loop di batteria e basso mono-giro: ne è un esempio lampante “Dirty Trip” (traccia 7), e ballate da chitarra acustica e organo come “Afternoon Sister” (traccia 9), senza tralasciare l’unica traccia veloce del disco: “Dead Bodies” (traccia 12) ecchete… In definitiva penso sia una colonna sonora azzeccatissima per l’ormai cult film di Sofia Coppola, può anche funzionare come sottofondo lounge per una serata passata in compagnia (mai da soli..); come disco a se stante può avere successo solo in Europa dove gli Air producono ciò che il nuovo continente faceva 40 anni fa e che noi troviamo ancora geniale: forse è questo il motivo per cui solo questa colonna sonora è l’unico lavoro del duo francese ad essere entrato in una top americana, ossia la top200 al numero 161. Ovviamente: non è consigliabile ai cuori infranti, ma se siete di quelli/e che quando depressi mettono su Creep dei Radiohead.. allora da oggi avete una seconda chance.


(Pubblicato il: 28/11/2013)